Gioco d’azzardo: è finita l’era del proibizionismo?

Sono sempre di più gli Stati che si stanno avvicinando a un approccio più tollerante nei confronti del gioco d’azzardo. Il motivo è semplice: è emerso in modo palese come il proibizionismo conduca invariabilmente a un aumento dell’offerta di gioco illegale. E questo, invece, non lo si può affatto tollerare.

Già, perché sale scommesse clandestine e piattaforme di gioco irregolari sono del tutto prive delle garanzie essenziali che tutelano i giocatori: non esistono payout chiaramente dichiarati, nè garanzie di pagamento delle vincite, tantomeno controlli per la prevenzione del gioco patologico. Per non parlare del match fixing, uno degli ultimi cavalli di battaglia dei burattinai delle scommesse illegali, nonché della fondata possibilità di andare ad alimentare mercati criminali con le puntate direzionate verso canali illeciti.

Diversi i governi che in tempi recenti hanno compiuto grandi passi in avanti, non senza sofferte discussioni: la lezione è stata per esempio recepita dall’Ontario, che ad aprile scorso ha concesso ad aziende private la possibilità di offrire gioco d’azzardo online mediante concessione di monopolio provinciale. Ma anche dalla Germania, dove dal primo luglio sono vigenti nuove normative che implementano sistemi di sicurezza per il riconoscimento univoco del giocatore finalizzate a garantire maggiori protezioni e a prevenire il gioco da parte di minorenni.

Questi protocolli di sicurezza sono già attivi anche nel nostro Paese, peraltro in previsione di essere a breve integrati dal sistema SPID, che assicurerà in modo ancora più efficace la univocità dell’utente registrato sulle piattaforme di gioco.

In Italia è da anni che si attende una legge per il riordino del comparto, ad oggi regolamentato da normative eterogenee e frammentarie: la manovra è piuttosto urgente, in quanto autonomie locali stanno introducendo regole più restrittive rispetto alla linea nazionale e difficilmente attuabili senza giungere alla sostanziale eliminazione del gioco legale dal territorio. E gli studi condotti in merito concordano coi modelli pro legalizzazione, condannando il proibizionismo ed evidenziando come una riduzione del gioco legale farebbe naufragare gli utenti verso una pericolosa deriva illegale, con tutte le conseguenze negative, in parte già precedentemente citate.

La direzione pare quindi quella di un consolidamento del comparto, anche tramite un sistema che preveda un modello integrato fra gioco terrestre e online, in modo da poter avvicinare gli utenti e meglio preservarli da possibili patologie e ambienti illegali.

Qualcosa, insomma, si sta muovendo: quando si parla di argomenti così delicati per cui si deve decidere se perseguire la strada del proibizionismo o quella della liberalizzazione i pareri sono sempre contrastanti e le decisioni molto sofferte. D’altro canto, il gioco d’azzardo esiste e ha molto seguito, negarlo sarebbe pericolosamente miope: gli effetti della privazione del gioco pubblico hanno portato a un boom dell’illegale, e questo lo abbiamo già sperimentato nel periodo del lockdown.

Vedremo nei prossimi anni se altri paesi perseguiranno il volere proibizionistico oppure se imboccheranno il sentiero della legalizzazione, seguendo le orme dei predecessori.

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