Elezioni, il punto di vista del prof. Giuseppe Giannini

In attesa delle prossime competizioni tra aree politiche (il voto regionale e quello europeo) vorrei fare alcune considerazioni. Già da settimane siamo vittime delle insulse discussioni in stile bar sport da parte dei media generalisti. Si fa il tifo su chi è più bella /o, o più seguito sui social, partono i sondaggi e le scommesse, come se stessimo parlando di una partita di calcio. Costoro dimostrano con la banalità delle loro discussioni la lontananza dalla vicende reali, concrete, uno dei motivi dell’assenteismo dell’ultimo decennio.

L’Italia è il Paese in perenne campagna elettorale. Anche dopo le elezioni chi governa cerca di concentrare l’agenda su tematiche non proprio urgenti (la riforma presidenziale), ma funzionali a distogliere l’attenzione dal grosso dei problemi, che rimangono irrisolti. Ci sono le opzioni sempre valide a tenere alta la tensione, come quelle relative al fenomeno migratorio, o ancora la questione sicurezza (viviamo in uno stato di emergenza permanente), o gli attacchi generici alla UE, peccato che,  a prescindere dal governante, nessuno ha in mente di affrontare in maniera seria le vicende. La conferma della perfetta continuità tra i partiti che si succedono alla guida del Paese, sublimata da governi tecnici, il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi e i governi d’unità nazionale (Draghi).

A questo punto dovremmo disporre di sufficienti elementi, avere un quadro chiaro, al fine di smascherare la contiguità esistente tra quelli che hanno governato negli ultimi trent’anni. Verrebbe quasi voglia di dar ragione ai qualunquisti che parlano di superamento della dicotomia destra/sinistra, se non fosse che la seconda è stata assorbita, nella traduzione delle sue politiche, dalla prima. Le differenze esistono ma non si intravedono all’orizzonte forze capaci di trainare il cambiamento. Cosi, le destre, in Italia come altrove, hanno realizzato quella che è la loro naturale vocazione, e cioè il sostegno dei redditi medio-alti e delle rendite, l’attacco ai diritti sociali, ed a quelli politici, risultanti da istanze vecchie e nuove emerse nella società.

Giova ribadire, per l’ennesima volta, l’involuzione democratica dei partiti con una tradizione di sinistra.Socialisti, socialdemocratici e gran parte dei postcomunisti hanno deciso di abdicare (per convenienza? prestigio personale?) all’ideologia liberale.Questo svuotamento di idee ha prodotto all’interno l’abbandono del welfare state e  per quanto riguarda la politica estera il sostegno alle diverse forme di imperialismo  (economico, militare, di adattamento culturale).Privilegiando determinati business –  la vendita delle armi e le guerre che ne derivano,il sostegno alle aziende estrattive, i trattati commerciali e le politiche del finto green, che minacciano la biodiversità e con essa la sicurezza alimentare ed i redditi di chi ci lavora, l’opacità di Big Pharma – sono diventati gli artefici di un peggioramento delle condizioni materiali di vita.Le popolazioni impoverite ed impaurite, tradite dalla liberal-democrazia ( i cui sostenitori vanno da Macron al PD) hanno optato per due strade: il il distacco o la risposta “di pancia”. Su questo terreno le forze conservatrici hanno avuto terreno facile. Appellandosi a tutti quei fattori in grado di mobilire le emozioni represse  i partiti reazionari e xenofobi sono diventati i protagonisti della contesa elettorale con i liberal.Alla fine, di questo si tratta, perchè pur evidenziando le diseguaglianze conseguenti alle pessime politiche dei secondi, i movimenti cd. populisti, che si richiamano all’identità, alla tradizione, in realtà non hanno nessuna intenzione di mettere in discussione il paradigma vigente.Il mercato rimane indiscutibile, caso mai la lotta si sposta sul terreno della rivalità borghese fra Stati.

Dall’altro lato, ogni qualvolta il pericolo sovranista si avvicina a voler modificare le istituzioni, ecco scattare puntualmente il richiamo al voto responsabile. Siamo stanchi della solita narrazione! Nel 1994 il centrosinistra unisce le forze per sconfiggere le destre liberiste, postfasciste e razziste della Lega. Tuttavia, negli anni a seguire non avendo fatto nulla di particolarmente diverso (ricordiamo a mo’ di esempio la precarizzazione del mondo del lavoro, i provvedimenti anti migranti, le guerre “umanitarie”), e muovendosi sul territorio più consono alle destre, oggi ce le troviamo al comando più audaci e pericolose di prima. Lo stesso è avvenuto in Francia quando per evitare il successo dei Le Pen padre e figlia i cittadini hanno scelto il liberalismo più moderato di Chirac e Macron.

I popoli potranno scegliere di continuare a dare fiducia ai soliti noti, ma alla fine la politica economica, ed anche quella estera contrassegnata dalla sudditanza verso gli americani non cambierà. La consapevolezza delle responsabilità dei liberal-democratici è causa del distacco di tanti dal voto. In mezzo a questa confusione ci stanno gli orfani della sinistra, che cercano ancora un soggetto credibile, e che nella quotidianità continuano a praticare un modo diverso di pensare ed agire. C’è chi sceglie l’autoritarismo del capopopolo come forma di risarcimento e via di uscita dall’autoritarismo tecnocratico (i diktat economicistici imposti agli Stati).

E c’è chi resta ad osservare, facendosi amare risate di fronte all’ennesima sfida per il potere tra dilettanti, grezzi personaggi, ed i soliti arrivisti.

prof. Giuseppe Giannini

2 comments

  1. Prof. Domenico Calderone

    Purtroppo, le considerazioni del dr. Giannini sono drammaticamente attuali e, come sempre, si basano su dati incontrovertibili.

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