L’avvento del VAR, croce e delizia

Il sistema VAR ha cambiato le sensazioni di chi assiste con passione alle partite di calcio. L’alta tecnologia, le numerose telecamere che riprendono ogni minima porzione del rettangolo di gioco, i richiami all’arbitro, le continue pause per controlli e verifiche: aspetti positivi, legati alla diminuzione degli errori, ma anche negativi, sia per un uso del mezzo confuso e non univoco, sia per i lunghi tempi di attesa che si creano prima delle decisioni.

Gioie soffocate

Partiamo dal lato emozionale, quello che in fondo meglio rappresenta l’essenza dello sport. Una volta, quando la propria squadra segnava, si verificava un’immediata e irrefrenabile esplosione di felicità, strozzata solo se si alzava la bandierina del guardalinee a segnalare un fuorigioco, o l’arbitro fischiava l’annullamento per altri motivi. In ogni caso, in pochi istanti si aveva la certezza che la rete fosse giudicata valida o meno, con tutte le reazioni annesse e connesse.

Oggi, invece, sia per chi prova a indovinare i risultati divertendosi con le scommesse, sia per chi semplicemente segue con trasporto i destini della propria squadra del cuore, gran parte delle esultanze diventano quasi timide, incerte, dubbiose, poiché si vive con il costante timore che l’arbitro sia richiamato dal VAR. Cosa che peraltro avviene molto spesso, talvolta persino con indicazione di situazioni scorrette (o presunte tali) di cui nessuno in campo si era accorto. Di conseguenza si generano tante volte sospensioni al limite del surreale, in cui per interi minuti si resta in apnea, aspettando che il famigerato controllo porti a una soluzione, e/o che l’arbitro guardi il monitor e prenda finalmente una decisione.

Non si nega certo il fatto che il VAR abbia portato anche a risultati positivi, con l’eliminazione di molte imprecisioni. D’altro canto però queste eterne attese rompono il ritmo del gioco, e al contempo diminuiscono l’afflato partecipativo del tifoso.

Uniformità assente

Un altro punto dolente della novità tecnologia è relativo all’uso. Non si comprende perché, per episodi magari molto simili, talvolta l’arbitro venga richiamato e in altre occasioni no. E non si capisce perché l’arbitro stesso certe volte vada al video a controllare e in altri momenti non lo faccia. Si ha la sensazione che tutto si giochi ancora sul filo della soggettività, a discapito di un meccanismo che invece dovrebbe essere molto più oggettivo e uniforme.

Tifare per i propri colori, così come ingegnarsi a puntare sugli esiti dei match setacciando sulle piattaforme le quote Serie A, le quote Serie b o i pronostici su altri eventi, significa ormai tenere conto anche del fattore esterno. Ogni gol realizzato è infatti passibile di cancellazione, per motivazioni che, a parte alcune peculiarità (il fuorigioco semi automatico), si basano su decisioni per le quali, in sostanza, è ancora il fattore umano a diventare protagonista. Peccato che ciò avvenga con dinamiche non troppo chiare al pubblico e soprattutto senza la necessaria conformità di intervento e giudizio.

A conti fatti il VAR è sì uno strumento utile, ma non sempre, al momento, lo si sfrutta nel miglior modo.

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