In Basilicata, si annuncia una vendemmia con un calo di produzione previsto nell’ordine del 30 per cento rispetto allo scorso anno, ma di ottima qualità. E’ quanto fa sapere la Coldiretti lucana, presieduta da Antonio Pessolani, sulla scorta delle ricognizioni dell’Osservatorio vendemmiale di Assoenologi, di Ismea, dell’Unione italiana vini (Uiv) e di un monitoraggio compiuto sul territorio regionale. In alcune aree della Basilicata in particolare, nel territorio del Vulture, si contano, in alcune aziende, contrazioni produttive anche del 60% e oltre, con punte anche del 100% con gravissime ripercussioni sull’assetto socio economico delle aziende viticole stesse. Dappertutto i vigneti sono sotto attacco della peronospora, la malattia della vite che a causa delle abbondanti piogge di primavera e di inizio estate sta recando danni considerevoli in vista del prossimo raccolto. «La peronospora produce un danno quantitativo significativo, con ripercussioni, spesso anche per l’annata successiva, ma per il viticoltore vi è l’onere di effettuare – evidenzia Coldiretti Basilicata – comunque, tutti i trattamenti antiparassitari possibili (anche se la produzione è persa al 100%) al fine di mantenere in vita il vigneto. Ad ogni modo lo sconforto che aggredisce il viticoltore per la perdita di tutta o gran parte della produzione dell’anno, non deve avere il sopravvento, in quanto – aggiunge l’organizzazione agricola lucana – il viticoltore sa, infatti, che deve affrontare il duro lavoro in vigna e tutte le spese necessarie per effettuare tutti gli interventi antiparassitari ed agronomici (potature e lavori al terreno) anche se non raccoglierà frutto, ben consapevole che riuscirà, in questo modo, a salvare almeno il vigneto».
Ma come mai in Basilicata e in particolare nel Vulture Melfese si sono registrati danni maggiori rispetto ad altre aree della regione e della stessa Italia? Per Coldiretti «le cause sono state diverse e concomitanti. Certamente la pioggia intensa e continua ha creato condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo della peronospora, ma ha reso anche non accessibili i terreni, per il conseguente ristagno di acqua. In altri termini i trattori non sono potuti entrare nelle vigne per effettuare i trattamenti antiparassitari perché sarebbero letteralmente ‘sprofondati’ nelle terre inzuppate d’acqua con gravi rischi per gli operatori, i macchinari e le stesse vigne. Altro fattore nel Vulture è stata la conduzione tradizionale dei vigneti perché in quest’area non viene, di norma, praticata l’irrigazione. Pertanto, per favorire l’immagazzinamento di quanta più acqua possibile nel terreno per affrontare la siccità estiva, è pratica tradizionale arare in profondità i terreni stessi in primavera per favorire la penetrazione delle piogge e la creazione di una adeguata riserva idrica per affrontare la siccità estiva. E’ chiaro che un evento meteorico così prolungato e di tale intensità ha messo in crisi un sistema di lavoro sperimentato ed adattato dai viticoltori da secoli di tradizione agricola. A ciò si è aggiunta la particolare ‘sensibilità’ del vitigno Aglianico del Vulture che, per sua natura genetica, è fortemente attaccabile dalla peronospora stessa e lo è in misura molto maggiore rispetto a tanti altri vitigni coltivati in Italia e all’estero”. Coldiretti Basilicata evidenzia, però, che «la peronospora produce un danno quantitativo, ma assolutamente non qualitativo, anzi l’uva che rimane, se la pianta è seguita, nutrita e lavorata, è sensibilmente migliore».
Fonte: Il Quotidiano del Sud