“Stufi di Dracula”, il paese del Potentino che si discosta da racconti e fakenews sul racconto della comunità. La storia da Acerenza

Stufi di Dracula! Quanto le fakenews e il clickbait influenzano il racconto di una comunità e del suo Patrimonio

Sempre più frequentemente si assiste all’associazione della Cattedrale di Acerenza, gioiello romanico incastonato in uno dei Borghi più belli d’Italia, con la figura del conte Vlad Tepes di Valacchia, detto Dracula, secondo alcuni “padre segreto” della signora di Acerenza Maria Balsa (Del Balzo) i cui resti mortali sarebbero addirittura sepolti nella cripta fatta costruire nella prima metà del XVI secolo da Giacomo Alfonso Ferrillo, marito della Balsa. Complici alcuni programmi televisivi andati in onda nei mesi ed anni successivi, ad una semplice indagine su uno dei tanti motori di ricerca ad oggi si trovano circa 5.500 risultati favorevoli a questa “teoria”. Quanto di questo è vero? In realtà, niente. O meglio, più scientificamente, nulla di comprovato da documenti storici o materiali. Buona parte degli acheruntini, abitanti di Acerenza, in realtà sono stufi di questi contributi frutto principalmente di clickbait, che, rimbalzando sui social, stanno di fatto distorcendo il racconto di una comunità. Nulla di personale quindi con il conte Vlad, figura mal volentieri giudicata poiché quasi indissolubilmente accostata al romanzo pubblicato nel 1897 da Bram Stoker – il quale per chi ha letto il bestseller non menziona mai espressamente il conte Vlad di Valacchia- ma una certa indisposizione verso una notizia storicamente non documentata e spacciata per vera, quella sì. Probabilmente questo articolo è una delle prime voci critiche sull’argomento.

Secondo Ben Frampton, autorevole giornalista della BBC inglese, il clickbait (traducibile in italiano con la voce “acchiappa-clich”) altro non è che «un volto mutevole» del giornalismo a noi più contemporaneo, ovvero quello online, perpetuato con il fine ultimo di ideare «un titolo che invoglia il lettore a cliccare». In ultimo, un articolo online pubblicato su una testata digitale sabato 24 febbraio titolava: «Nel cuore della Basilicata c’è il bellissimo borgo di pietra con la Cattedrale… di Dracula!». Tacendo dei tre puntini di sospensione che dovrebbero indurre il lettore ad un climax di terrore o di suspence, ricordiamo che la titolazione canonica della cattedrale acheruntina è “Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio”. A scanso di equivoci, ci tengo a sottolineare che nella nostra Repubblica Italiana il «diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro tipo di mezzo di diffusione» (art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana), è un elemento fondante e imprescindibile del nostro vivere e sentire di cittadini. Principio fondamentale è, di contro, quello di dissentire dal titolo di questo articolo. Le innumerevoli notizie fuorvianti (sinonimo di fakenews) che vedrebbero Acerenza coinvolta nelle storiche vicende di occultamento del Santo Graal, del ‘passaggio’ dell’ordine monastico dei Cavalieri del Tempio e della presunta figlia illegittima di Dracula, imperversano quotidianamente sul web con un beneplacito sorriso e simpatia da parte degli acheruntini, ma non di tutta la comunità. Il detto wildiano (da Oscar Wilde) “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli!” non sempre è un atteggiamento condivisibile. Le leggende fanno bene, stimolano la fantasia, ma è pur vero che, usando le parole del poeta polacco Stanisław Jerzy Lec, «La scarsa memoria delle generazioni consolida le leggende» e questo può dare adito solo ed esclusivamente a turbazioni del racconto sul Patrimonio Culturale. Nessuno in questo scritto ha intenzione di fare lezioni di storia, anche avendone tutti i titoli, o di pontificare sul patrimonio storico, archivistico, archeologico, architettonico, paesaggistico e artistico della nostra cittadina, ma un conto è scherzare e altro è fare sul serio. Un conto è raccontare una storiella,

altro è ‘non fare i conti’ con l’impegno, che ormai costituisce una scelta identitaria della comunità di Acerenza, di promuovere una rinnovata immagine di sé aperta alla fruizione turistica di stampo culturale, e perché no spirituale – data l’ufficiale destinazione d’uso del bene in questione – con l’esplorazione delle bellezze della “Città-Cattedrale” o del Patrimonio di Associazioni e di Volontari che animano, vivono e accrescono con tutte le difficoltà delle aree interne italiane il moto sociale e culturale del paesino. Non va dimenticato chi con sacrificio e sprezzo del pericolo, superando crollo demografico, crisi generazionali ed economiche resta o ritorna ad Acerenza per investire in attività commerciali e ristorative, nelle attività manifatturiere e nel crescente settore turistico-esperienziale. Ricordiamo a tutti che Acerenza è uno dei siti in cui ancora oggi si produce e si salvaguardia il vitigno Aglianico del Vulture Superiore DOC, meritandosi il titolo di Città del Vino, e permettetemi dire: e che vino! Perché sempre poco si parla di tutto ciò?

Secondo il presidente della Pro Loco di Acerenza Canio Di Prata, associazione locale che da più di 10 anni si occupa di assistere il flusso truistico del comune lucano: «Il tema sollevato dall’articolo online pubblicato il giorno 24 febbraio, non è cosa nuova per le nostre orecchie! Molto spesso visitatori del nostro borgo ci rivolgono quasi esclusivamente domande su questo tema, apparentemente dalla forte diffusione mediatica. Prendendone assolutamente le distanze, rassicurati da quello che ci dicono gli studiosi locali e non, sottolineiamo quanto sia demoralizzante di fatto preparare i volontari del Servizio Civile Universale della nostra sede a tutte le sfaccettature del patrimonio acheruntino, materiale ed immateriale, per poi vedersi propinare le solite domande su questi temi che lasciano il tempo che trovano. Cerchiamo, perciò, di riportare l’attenzione sulle vere bellezze di Acerenza che sono da sempre oggetto della nostra promozione turistica».

Preso coscienza dell’impossibilità di raccontare tutto ciò nelle brevi battute nel già menzionato articolo online, di cui in tutta coscienza non si può richiedere il ritiro o la modifica del testo dato che scrivere è un mestiere! Beh, buon giudizio e buona pratica futura sarà per chi scriverà su Acerenza, se non di contattare chi di Ricerca ne ha fatto e ne spera di fare un mestiere, se non altro ascoltare chi ne sa! E non mi riferisco ai “Messia” dell’estate o della libera divulgazione del corso di Laurea preso all’Università del “Faccio da Me”, ma di attenersi alla voce degli stessi cittadini di Acerenza – giovani, lavoratori, amministratori, volontari, sacerdoti, forestieri, pensionati – i quali la vivono, la sentono e la costruiscono giorno per giorno.

Luciano D’Andria
archeologo medievista e volontario Pro Loco Acerenza

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