Lo sfogo dei lavoratori lucani ex RMI e TIS: “Ci hanno dato quattro fave per sopravvivere. Vogliamo la stabilizzazione”

Stanno protestando da mesi per chiedere la stabilizzazione, dopo anni di precarietà. Ma al momento, per loro, non sembrano esserci notizie positive. Parliamo dei lavoratori ex RMI (Reddito minimo di inserimento) e TIS (Tirocini di inclusione sociale). Da settimane stazionano di fronte la sede della Regione Basilicata, a Potenza, e attendono buone notizie. Che, nonostante le promesse passate, non sembrano arrivare. Melandro News ospita lo “sfogo” di alcuni dei lavoratori.

Ci hanno dato quattro fave per sopravvivere, nella migliore delle ipotesi vorranno continuare a darci quattro fave, negandoci ogni diritto e prospettiva di miglioramento. E’ passato oltre un mese dalla visita del capogruppo del Pd Cifarelli al presidio permanente, dove eravamo accampati insieme ad altri colleghi Tis (Tirocini di inclusione sociale) e Rmi (Reddito minimo di inserimento) e ad alcuni solidali. A distanza di oltre un mese leggiamo delle sue dichiarazioni riportate su alcuni organi di informazione in cui  affronta le problematiche dei lavoratori Tis e Rmi, da cui si evince la sua preoccupazione per tutte le nostre famiglie che vivono con il misero sussidio e che fanno fatica più di prima ad arrivare alla fine del mese. Il capogruppo del Pd dice di essere preoccupato per il percorso di fuoriuscita paventato dalla Regione e certificato ieri dall’Arlab, il quale non prevede la prosecuzione delle attività per le lavoratrici e lavoratori Tis e Rmi che alla fine del periodo previsto, nell’ambito dei percorsi di reinserimento lavorativo previsti, non avranno trovato una collocazione lavorativa garantita.  Il capogruppo afferma che è stato sbagliato aver previsto nel progetto denominato “Platea ex Tis: fuoriuscita e sostegno alle famiglie” “una decurtazione del riconoscimento economico mensile ed un aumento delle ore mensili”. Più che sbagliato, riteniamo che si  tratti di una scelta politica ben precisa, quella di far scivolare sempre più in basso i lavoratori e i più indigenti anche in questa regione come in tutto il paese. Non è un caso che dopo aver attaccato il reddito di cittadinanza adesso si passa ad altro e si colpiscono sempre più i deboli. A noi lavoratrici e lavoratori Tis e Rmi nel corso degli anni ci è stata data una manciata di fave per sopravvivere,  ci fanno fare qualsiasi lavoro in cambio di un miserabile sussidio di 550 euro al mese, adesso con manovre ed espedienti, la maggioranza nel palazzo regionale e buona parte della pseudo opposizione, con la complicità di alcuni sindacati, vorrebbero disperderci un po’ per parte in carrozzoni e cooperative, in cui tirare a campare, in verità così facendo vorrebbero dividerci per poi fare di noi ciò che si vuole. Il capogruppo del Pd afferma che purtroppo per la Regione Basilicata noi lavoratrici e lavoratori Tis e Rmi rappresentiamo un peso di cui bisogna liberarsi e bene fanno tutti i sindacati a tenere alta l’attenzione soprattutto fornendo proposte. Forse sarà un caso, ma noi riteniamo non lo sia, che subito dopo questa sua uscita c’è stata una conferenza stampa dei sindacati confederali, fino adesso assenti alle nostre iniziative, i quali hanno avanzato proposte a riguardo.

Le proposte dei confederali (vergognosamente in linea e determinate dal governo regionale) non possono soddisfarci. Esse si limitano ad ipotizzare ricette che sono già state assaporate amaramente dai lavoratori e da molti di noi in passato, come le famose cooperative, che nella migliore delle ipotesi darebbero solo la continuità del sussidio, della manciata di fave a noi lavoratori  e un bel gruzzolo a chi le gestirebbe. Cgil, Cisl e Uil invece di delineare un percorso certo verso la stabilizzazione di tutti noi, si perdono in una marea confusa di ipotesi, spesso dipendenti dalla verifica della possibilità di utilizzo di fondi vari, come quelli del PNRR, peraltro sostenendo il governo regionale che tutto vuol fare tranne che riconoscerci i diritti più elementari, un salario adeguato per il lavoro svolto. Noi donne e uomini  inseriti  nelle platee Tis e Rmi, con il misero sussidio di 550 euro al mese, siamo considerati lavoratori quando dobbiamo esercitare una mansione lavorativa a detta di tutti indispensabile, non siamo più tali, bensì percettori di sussidio, quando chiediamo diritti e giusti salari. Sembra si siano quasi tutti coalizzati contro di noi, tanto che propongono quasi tutti la continuazione della distribuzione delle briciole, mentre loro mangiano a piene mani. Abbiamo iniziato questa lotta ponendo al centro di questa iniziativa i nostri interessi ed è da questi, dalle istanze avanzate da noi che deve partire qualsiasi percorso veramente finalizzato ad un positivo superamento della nostra situazione, non da altro”.

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