Basilicata, arriva l’infermiere di famiglia: un progetto «apripista»

[dal sito della Gazzetta del Mezzogiorno – di Pino Perciante] Un nuovo capitolo nelle battaglie a sfondo sociale dell’avvocato lucano Riccardo Vizzino. Questa volta dedicato alla sanità. «Scarsa prevenzione e programmazione», sottolinea il legale che per questa ragione, coadiuvato dal suo pool di esperti, farà una proposta di legge in materia.

Allora avvocato, perché gli ammalati del Sud scelgono gli ospedali di altre regioni, spesso del Nord, per andarsi a curare? 
«La sanità del Sud si trova nel limbo: strutture inadeguate, tagli, penuria di personale e liste d’attesa fuori controllo. Non che le cose vadano tanto meglio al Nord sul fronte delle liste di attesa, ma qui si investe per l’ammodernamento delle strutture e dei macchinari. Inoltre, le Regioni cercano di organizzarsi per affrontare i vari problemi. Per esempio c’è chi, come l’Emilia Romagna, ha pensato di dotarsi di un software che settimanalmente monitora il servizio in ogni struttura».

Perché ci vuole troppo tempo per prenotare una visita o un esame?
«Manca programmazione e soprattutto non funziona il filtro dei medici di base che non visitano più i pazienti. La crisi tra medici e pazienti va avanti da un bel po’. Un medico che ha subito una denuncia o teme il clima di sfiducia finisce per prescrivere un maggior numero di analisi e accertamenti allungando le liste di attesa. Qualche esempio? Sei mesi per una risonanza magnetica, quasi un anno per una visita oncologica».

Questo cosa comporta? 
«I cittadini si rivolgono alle cliniche private, ma lievitano i costi della prestazione. Del resto le cifre parlano da sole: le liste d’attesa hanno fatto impennare la spesa privata per la salute, le famiglie sono arrivate a sborsare di tasca propria, o tramite una mutua privata, oltre 35 miliardi. Tutto legale, ci mancherebbe. Ma discriminante socialmente : i benestanti possono avere diagnosi e terapie molto prima di chi benestante non è».

Cosa succede, come mai siamo arrivati a questo punto? 
«Come spesso avviene in questi casi non c’è un’unica causa, ma piuttosto una serie di fattori. La colpa la portano in molti, chi organizza la sanità, chi ci lavora, ma anche, in certi casi, i cittadini. Le disfunzioni del pianeta sanità, tra l’altro, hanno creato una sorta di “america” per gli speculatori».

In che senso scusi? 
«Nei tribunali italiani sono 300mila le cause pendenti contro medici e strutture sanitarie pubbliche e private. Trentacinquemila azioni legali ogni anno».

C’è una soluzione?
«C’è una proposta per istituire un arbitrato assicurativo con l’obiettivo di trovare in tempi rapidi ed economici soluzioni condivise, coinvolgendo tutte le parti interessate con una riduzione del contenzioso e dei costi».

Lei, invece, cosa propone? 
«A mio avviso, occorre puntare molto sulla prevenzione e restituire centralità alla scuola: bisogna cominciare ad insegnare sanità nelle scuole ed iniziare a riaccendere l’attenzione sul più comune dei sintomi di una malattia, vale a dire il dolore. Il dolore è la spia che si accende per informarci che qualcosa non va nel nostro organismo. In Italia, la legge anti-dolore rende il nostro Paese all’avanguardia, eppure a dieci anni dall’entrata in vigore a conoscerla bene è ancora solo un medico di famiglia su tre, mentre il 63 per cento degli italiani afferma di non esserne a conoscenza.
Faremo una richiesta di accesso agli atti per conoscere quante schede del dolore vengono fatte dai medici di base e negli ospedali e faremo una richiesta anche per sapere quante infezioni ospedaliere ci sono e come vengono curate. Le infezioni ospedaliere sono la prima causa di morte in Italia, più degli incidenti stradali».

Cos’altro la gente non sa?
«Che c’è un modo per essere visitati in strutture private saltando le liste d’attesa e senza costi aggiuntivi. E’ una disposizione in vigore dal 1998 ma scarsamente pubblicizzata, motivo per cui in pochi ne conoscono l’esistenza».

Perché le Regioni non informano i cittadini? 
«Non c’è interesse a risolvere il problema delle liste di attese».

Quali saranno le proposte che farete col suo pool di esperti? 
«L’infermiere di famiglia, gli esami strumentali 24 ore su 24 e un controllo sui medici di base su quante volte visitano i pazienti ultracinquantenni. In questo la Basilicata potrebbe fare da apripista sperimentando per prima esami strumentali 24 ore su 24, facendo bandi per far assumere persone e creare posti di lavoro grazie ai soldi provenienti dalle royalties del petrolio».

Cosa chiedete agli utenti?
«Di segnalarci tutto ciò che non funziona nelle strutture sanitarie. Possono rivolgersi al nostro studio, anche in forma anonima, inviando una e-mail ad info@studiolegalevizzino.it. Le segnalazioni ricevute saranno vagliate da uno staff di medici e legali e contribuiranno a portare avanti la battaglia per una sanità più efficiente e attenta alle esigenze di tutti i cittadini. 
Il nostro obiettivo è quello di fare un libro bianco della sanità dove verranno raccolte tutte le segnalazioni di disfunzioni e che ogni tre mesi verrà depositato alle procure competenti. È importante attivarsi in prima persona e trasformare noi stessi in sentinelle della salute».

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