Da Tito al mercato balcanico. La scommessa dell’imprenditore lucano Grippo

Parte da Palazzo Italia Bucarest il programma di valorizzazione del territorio e dell’imprenditoria lucana. L’ imprenditore Giuseppe Grippo, acquisendo e rilanciando uno stabilimento dismesso nell’area di Tito, apre al mercato Balcanico la promozione di tecnologie per una più redditizia produzione agricola floricoltura, orticultura. Si tratta di nuovi polimeri per uso agricolo prodotti in Basilicata. Il prodotto è adatto a qualsiasi tipologia di terreni ai quali può apportare un insieme di vantaggi per migliorare le condizioni specifiche della struttura degli stessi in funzione delle relative caratteristiche, riducendo sensibilmente il consumo idrico, nonché l’erosione, oltre ad apportare vantaggi anche dal punto di vista colturale riguardo alla qualità e quantità delle diverse coltivazioni, sia orticole che di cereali in genere ma anche per frutteti, prati erbosi ed altro. Innovare in agricoltura è la mission di Giuseppe Grippo e Rinaldo Sorgente (Micronizzazione Innovativa srl) con noi nei Balcani – sottolinea Giovanni Baldantoni, presidente di Palazzo Italia Bucarest – per promuovere l’utilizzo del polimero per l’agricoltura prodotto in Lucania, con la funzione di migliorare la qualita ‘e le rese agricole in tutti i settori. In pratica a Tito si svolge la produzione del polimero per agricoltura che serve per far ritenere in superficie l’acqua e migliora il rendimento. L’intuito di Giuseppe Grippo per un prodotto innovativo e la rivalutazione di uno stabilimento dismesso in un’area industriale a ridosso del capoluogo che ha tante problematiche – commenta Baldantoni – rappresenta un buon esempio di crescita della Basilicata all’ estero che ci auguriamo altri imprenditori vogliano seguire accompagnati da Palazzo Italia. La Romania rappresenta “una grande opportunità” per le aziende italiane nel campo dell’agricoltura per tre motivi: perché è uno dei paesi in cui l’agricoltura possiede la più grande varietà di colture: da quelle estensive di cereali a quelle specifiche della zona che possono interessare i mercati internazionali. Il secondo motivo è che si parte da un livello già alto ma vi è ancora molto da fare, poiché in molte zone del paese si lavora ancora con un’agricoltura di sussistenza. Il terzo motivo per cui è interessante stare in Romania, è l’ingente quantità di fondi strutturali che l’Ue sta dedicando a questo paese”. Il settore agricolo romeno contribuisce annualmente in media al 7,9 per cento del Pil di Bucarest, un dato di una certa importanza se si tiene conto che la media europea è dell’1,9 per cento. La Romania impiega quasi il 30 per cento della forza lavoro del paese, il più grande tasso dell’Unione europea, quasi tre volte in più rispetto alla Bulgaria e quasi allo stesso livello della Cina, ma le aziende agricole del paese balcanico registrano un fatturato annuo medio di circa 2 mila euro, mentre la media europea è di 25 mila euro. Le aziende italiane registrate in Romania possiedono circa 300 mila ettari di terreni agricoli, ovvero quasi il 25 del totale dei terreni agricoli posseduti da aziende con capitale straniero. Dall’Unione europea per il sessennio che si conclude nel 2020, la Romania avrà a sua disposizione per il settore agricolo circa 17 miliardi di euro e l’esecutivo romeno coprirà con propri fondi la differenza fra i fondi ricevuti dagli agricoltori romeni e la media europea. L’Italia – sottolinea Baldantoni – dovrebbe avere un ruolo privilegiato in Romania “perché ha una storia simile a quella romena. Anche noi veniamo da un’agricoltura di sussistenza, e da questa siamo stati capaci di passare a un’agricoltura di tipo industriale, perfettamente integrata nelle politiche europee. Abbiamo imparato nel tempo a gestire i fondi dell’Ue nel modo migliore possibile e, soprattutto, rispetto gli altri paesi l’Italia vanta una tradizione agroalimentare specifica, conosciuta in tutto il mondo. Inoltre, come la Romania, punta più sulla qualità che sulla quantità”.

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