Papa Francesco, al rientro dal suo viaggio in Marocco ha detto “Alcuni migranti hanno testimoniato che la vita di chi emigra cambia e ritorna a essere umana quando trova una comunità che lo accoglie come persona”. Quasi cento ragazzi e ragazze della scuola elementare e media di Ripacandida il 2 aprile ascoltano in silenzio Makam che racconta il suo pericoloso viaggio che dal Mali lo ha portato prima a San Fele e poi a Rionero, più di un anno fa. Makam ha 17 anni, è un “minore straniero non accompagnato”, che vive nel centro dell’Associazione ARCI di Rionero con altri nove compagni. E’ a Ripacandida con il presidente del Comitato Provinciale Unicef di Potenza Mario Coviello e con Caterina Traficante, operatrice del centro, per presentare “SottoPelle” il docu-film di Giuseppe Russo che racconta la sua storia e quella di altri immigrati che vivono a Rionero e a Tito, nel centro SPRAR, gestito dalla cooperativa “La Mimosa”. Gli alunni di quarta e quinta elementare e quelli delle tre classi della scuola media hanno vissuto intensamente i cinquanta minuti della proiezione e sono pronti per le domande a Makam. “Sono partito dal Mali dopo la morte di mio padre perchè volevo studiare e la mia famiglia invece mi faceva solo lavorare per dieci, dodici ore al giorno. Ho attraversato il Burkina Faso e il deserto, facendo il pastore. In Libia pulivo le strade e i giardini pubblici per sopravvivere. Avevo sempre tanta paura perchè lì le armi sono come i cellulari, le hanno tutti. Mi capitava di non poter uscire anche per più giorni dal mio rifugio dove dormivo sui cartoni per le granate e gli spari. Ho visto con i miei occhi uccidere un uomo, farlo a pezzi e buttarlo in una grande busta di plastica. Il viaggio per mare è stato difficile per le onde grandi che facevano “ballare” il barcone. Io non so nuotare e avevo tanta paura di affogare. Sono sbarcato in Calabria e subito sono stato mandato a San Fele. Ora vivo a Rionero. Adesso la cosa più importante per me è imparare bene l’italiano per farmi capire e trovare un lavoro come meccanico”. E risponde alle domande di piccoli e più grandi raccontando il viaggio nel deserto, con la macchina che si rompeva e doveva essere spinta a mano con un caldo insopportabile. Ricorda le frustate che ha ricevuto da ragazzi come lui che lo sfruttavano continuamente. E Caterina Traficante racconta che “Makam è molto buono e sensibile e anche per questo stato scelto per dare una mano a Potenza come volontario in un’associazione che segue persone down.” Spiega che nel centro i ragazzi seguono i corsi serali per prendere la terza media e alcuni frequentano le scuole superiori. Racconta che l’Associazione ARCI il 30 e 31 marzo in piazza a Rionero ha raccolto con Makam e gli altri ragazzi una somma importante per la campagna orchidea #Unicef 2019 “Salva la vita di un bambino”. “Spostarsi e stabilirsi altrove con la speranza di trovare una vita migliore per sé stessi e le loro famiglie: è questo il desiderio profondo che ha mosso milioni di migranti nel corso dei secoli”. E ancora: “Gli esodi drammatici dei rifugiati” sono “un’esperienza che Gesù Cristo stesso provò, assieme a i suoi genitori, all’inizio della propria vita terrena, quando dovettero fuggire in Egitto per salvarsi dalla furia omicida di Erode”. Così Papa Francesco scrive nella prefazione al volume Luci sulle strade della speranza, raccolta dei suoi insegnamenti su migranti, rifugiati e tratta, ed entra così nel cuore di un problema che ha toccato anche la sua famiglia: i nonni paterni di Jorge Mario Bergoglio raggiunsero l’Argentina dall’Italia nel gennaio 1929. E ancora papa Francesco ricorda ‘Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. E i ragazzi di Ripacandida che si avvicinano a Makam e lo abbracciano sorridendo, dicono no alla paura, all’odio, al razzismo.
Mario Coviello