Potenza, assembramento a tavola: multati, chiuso per cinque giorni un ristorante cinese

Lo spettro del covid-19 ha ridisegnato nuovi assetti nella ristorazione. A Potenza una maxi operazione di controllo delle regole sul distanziamento sociale ha imposto cinque giorni di chiusura e una sanzione pecuniaria di 400 euro ad un noto ristorante cinese a viale del Basento. Uomini della Polizia di Stato e della Locale hanno accertato, a seguito di una telefonata anonima, la presenza all’interno del ristorante di cucina di avventori appartenenti a diversi nuclei familiari assembrati in lunghe distese di tavoli non opportunamente distanziati. Al momento dell’accertamento gli organi di Polizia hanno seminato il panico tra la clientela, destabilizzata dal sospetto che dietro quella presenza improvvisa dei poliziotti potesse celarsi il rischio non calcolato della subdola contagiosità del virus. «Sono dispiaciuto – ha commentato il titolare del ristorante. E’ la prima volta che a Potenza viene portato a segno un controllo così serrato. Non mi risulta ci siano altri precedenti. E’ un fatto discriminatorio nei confronti dei cittadini cinesi. Parlerò al più presto con il Prefetto, senza sottrarmi alle sanzioni amministrative. Non voglio sconti, ma non posso certo pagare io per tutti». Se il virus ha risparmiato la città, almeno negli ultimi tempi, non è perché i controlli siano così intensi e ramificati come, invece, il Governo centrale si ostina, ancora oggi, a prescrivere a garanzia della salute di tutti. Nei locali dediti allo svago serale, tra la clientela pullulano giovani privi di mascherina. Tutto sembra affidato al buon senso. «Nessuno mai è andato così per il sottile. Se non al ristorante cinese – ha commentato, ancora, il ristoratore multato. Nel mio locale hanno fatto un controllo a tappeto. Hanno chiesto i documenti di riconoscimento a tutti per accertare la non familiarità dei commensali. I miei clienti, a quel punto, sono scappati via a gambe lavate. Hanno chiesto il conto e sono fuggiti. E’ una scena che spero di non rivedere più né come commerciante né da cliente. Per fortuna, la mia seconda sede in altra zona della città mi ha consentito di lavorare anche nei giorni di chiusura. Con il mio lavoro io assicuro il pane a più di dieci miei connazionali oltre alla mia famiglia e a quella dei miei cugini. I miei ristoranti sono conosciuti e apprezzati per la bontà dei piatti e per la dovizia d’igiene con cui il sushi viene lavorato per essere portato sulle tavole dei lucani anche ai tempi del Covid. Non sarà certo il malcontento di qualche mio competitor, frustrato dagli scarsi guadagni post covid, ad allertare pretestuosamente gli organi di Polizia e a far cambiare la fortunata sorte dei miei ristoranti, campioni d’incassi anche nel take away durante la fase di parziale lockdown di fine maggio».

articolo tratto dalla Gazzetta del Mezzogiorno – Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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