Ripartizione del fondo “Superticket sanitario”: per l’Anisap la Basilicata è penalizzata

I nuovi criteri sul riparto del fondo di 60 milioni di euro derivanti dal superticket sanitario peggiorano lo svantaggio delle Regioni del Sud rispetto a quelle del Nord. Come è  noto nella prima versione del decreto era previsto il riparto dei 60 milioni stanziati nella manovra di bilancio 2018 per il 90% (54 milioni) con un unico criterio: il volume di ricette di specialistica ambulatoriale. Il restante 10% era previsto per Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna Toscana, Umbria e Basilicata “in rapporto allo scostamento tra il gettito teorico” derivato dall’applicazione della quota fissa e il gettito “effettivamente introitato nel 2016 dalle sole Regioni che hanno attivato misure alternative” al superticket. In questo modo a 5 Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana), sarebbero state assegnate circa il 70% delle risorse del Fondo. Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia tutte insieme avrebbero avuto a disposizione solo il 12,5% del Fondo. Ora, con la richiesta di modifica delle Regioni al decreto la quota del 90% da ripartire in base al criterio delle ricette di specialistica ambulatoriale si abbassa all’80% (48 milioni quindi) mentre alle Regioni che avevano adottato misure alternative andrebbe il 20%, riducendo ancora di più la disponibilità per le Regioni a cui prima sarebbe “rimasto” solo il 12,5 per cento. Nel caso della Basilicata per la compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie dal 2012 al 2015 secondo i dati dell’Agenas registrano un decremento dell’ammontare dei ticket del 24,2%; per i ticket sulla specialistica ambulatoriale il calo dei ticket è più o meno analogo (meno 24,3%). Siamo in entrambi i casi ad incassi di 10,5 milioni di euro, a conferma della marginalità dei ticket  rispetto alla dotazione del Fondo sanitario nazionale. Ciò mentre a livello nazionale per la specialistica ambulatoriale si evidenzia un aumento delle entrate nel 2015 rispetto al 2012 (+3,2%). Va ribadito he i ticket sanitari, motivati originariamente come strumento di moderazione della domanda attraverso una responsabilizzazione del cittadino a “compartecipare” alla spesa pubblica per la sanità, sono ormai di fatto una vera e propria “tassa” sulla salute, con il risultato che  il sistema attuale è ormai diventato un “fai da te” regionale inaccettabile, con regole e costi diversissimi da una realtà all’altra: vivere al Nord, al Centro o al Sud del Paese può voler dire pagare ticket diversi per la stessa prestazione sanitaria pubblica. Lo rende noto il presidente Antonio Flovilla

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *