Sfruttamento della prostituzione, indagine dei Carabinieri della Compagnia di Potenza: 19 persone indagate

Sono ben diciannove gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari notificati dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Potenza, diretta dal capitano Gennaro Cascone, nell’ambito di una dettagliata indagine che riguarda l’associazione a delinquere e sfruttamento della prostituzione che riguarda le province di Potenza, Brindisi, Napoli e Cosenza. Gli avvisi di garanzia sono stati emessi dalla Procura di Potenza nei confronti di 19 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo delle accuse mosse. Nel dettaglio, le accuse riguardano lo sfruttamento della prostituzione e furto aggravato di energia elettrico. Secondo le indagini portate avanti in dieci mesi dai carabinieri, da gennaio ad ottobre 2017, alcuni degli indagati “reclutavano” le donne, favorendo ed agevolando il meretricio anche di transgender italiane e straniere, mediante la concessione in subaffitto di appartamenti locati da ignari proprietari, inserti pubblicitari, accompagnamenti, fornitura di biancheria, preservativi ed altro supporto logistico, necessario per lo svolgimento dell’attività illecita, compresa la donna per le pulizie negli appartamenti, gli asciugamani, le salviette, le lenzuola, i cuscini, il lubrificante e la riscossione del canone di locazione. Le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Potenza hanno preso il via dopo un controllo effettuato in via Messina a Potenza. In quella occasione, i militari accertavano che le occupanti di un appartamento in affitto, ognuno in una stanza, vestite con abiti succinti, fruivano di energia elettrica mediante allaccio abusivo. Dettagli che non sono passati inosservati ai Carabinieri, che hanno voluto vederci chiaro iniziando ad effettuare i primi accertamenti. Le indagini sono state portate avanti con servizi di osservazione e pedinamento. Grazie a questi servizi è stato notato un vero e proprio via vai da una palazzina. I Carabinieri hanno indagato anche attraverso intercettazioni. Grazia a quest’ultime, hanno scoperto che a capo dell’associazione vi era una donna, napoletana, di 35 anni, la quale, in qualità di promotrice ed organizzatrice, intesseva una serie di relazioni e di attività finalizzate a gestire, in virtù di contratti di locazione a lei intestati o ad altri sodali, talvolta anche con documenti falsi, alcuni appartamenti ubicati tra Napoli, Potenza, Brindisi, Rende, Cosenza e Cassino, all’interno dei quali venivano ospitate giovani donne e transessuali, quasi tutti provenienti dal Sud America, al fine di esercitare la prostituzione. La giovane, dietro il pagamento di somme che oscillavano tra i 50 euro giornalieri e le  250/350 euro settimanali, a lei versate tramite ricariche Postepay, fisicamente procurava gli appartamenti, situati in zone appartate, tali da assicurare segretezza e discrezione, reclutava le prostitute e le prelevava dalle stazioni ferroviarie. Un ruolo particolare assume anche il padre della donna allorquando, per sovvenzionare eventuali esigenze e fornire necessarie garanzie economiche alla figlia, diventava una sorte di “fideiussore”, poiché titolare di busta paga. Difatti, in una conversazione emerge il progetto della donna di riciclare il denaro mediante l’acquisto di una villa che materialmente il padre doveva donarle, poiché in passato aveva già richiesto dei prestiti e quindi l’operazione finanziaria era giustificata e non destava sospetti. Gli “choffeur”, ossia coloro che avevano i compiti di prelevare ed accompagnare le donne,  ricevevano quale compenso dai 20/30 euro. Veniva poi sequestrata anche una vera e propria agenda contenente, annotata, la situazione debitoria delle donne e dei pagamenti. Al fine di meglio capitalizzare i guadagni e gli introiti, in ogni appartamento locato veniva costituito un allaccio abusivo alla rete di energia elettrica, al fine di non contabilizzarne i consumi. Ulteriore forma di entrata era la differenza tra la somma base di locazione degli appartamenti ed i guadagni ricavati con le richieste ad ogni singola prostituta, le quali, generalmente, restavano negli appartamenti massimo una o due settimane. Gli altri componenti del gruppo, fornivano, a loro volta, analoghi contributi, quali la manutenzione degli appartamenti, piccole riparazioni oppure prelevano le donne all’aeroporto o alla stazione. Veniva, in tal modo, posto un freno allo sfruttamento ed esercizio della prostituzione.

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