“Noi siamo come parliamo”: successo a Picerno per la giornata dedicata alla Lucania, alle poesie, folk e tradizioni

Picerno gruppo folk 4“Noi siamo come parliamo e quando sentiamo il dialetto del nostro paese,sappiamo che siamo tornati a casa”, recita  Gerardo de Carlo di Ruoti, uno dei poeti dialettali che a Picerno, nell’atrio dell’Istituto Tecnico  “A. Einstein”, sabato 28 maggio ha recitato i suoi versi nel corso una serata dedicata a “Dialetti lucani: poesia, folk, e tradizioni”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione “Donne 99” di Tito, che la sua presidente Luisa Salvia ha reso punto di riferimento delle attività culturali del territorio, dalla dottoressa Assunta Arte che lavora al CNR  e ha creato un ponte tra le amministrazioni comunali di Picerno e Tito, comunità unite nell’area delle parlate galloitaliche. I sindaci di Picerno Giovanni Lettieri e di Tito Graziano Scavone, con il dirigente scolastico dell’IIS Domenico Gravante, hanno sottolineato nei loro saluti la necessità che le comunità lavorino insieme per valorizzare  culture e tradizioni preziose e uniche,utilizzando al meglio il grande volano di Matera 2019 che deve diventare “Basilicata 2019”. Il  pubblico numeroso e  attento ha ripetuto nel proprio dialetto le espressioni che la professoressa Patrizia del Puente, glottologa dell’Università di Basilicata, ha sottolineato nella sua brillante relazione su “Le colonie galloitaliche tra vecchie e nuove interpretazioni”.  Un pubblico che in piedi ha seguito i ritmi  del gruppo folk dell’Associazione “ Miss 48” di Ruoti, guidati da Felice Faraone, che ha ricordato gli antichi corteggiamenti dei balli tradizionali con ritmi travolgenti e sguardi furtivi. Il pubblico  ha ascoltato le poesie di Maria Triani di Potenza, Luisa Salvia di Tito, Gerardo e Maria Pina De Carlo di Ruoti, Camilla Carriero e Crescienza Lucia  di Avigliano, Antonietta Ielpo di Lauria, Mario Martone di Bella. I versi hanno evocato  gli affetti familiari,le schermaglie amorose,il ciclo delle stagioni, i riti misteriosi, l’attaccamento alla terra, capace di donare frutti sudati.  Assunta Arte, Paolo Curcio e Matteo Capece  hanno letto poesie di Mario Romeo, già sindaco, che è stato ricordato come studioso che ha ospitato proprio a Picerno il primo convegno sui dialetti galloitalici.  I giovani dell’ “ E. Einstein” hanno presentato il video “ Resilienza”,  con il quale hanno vinto un concorso indetto  dalla Provincia di Potenza. In esso  hanno raccontato il  linguista tedesco Gerhard Rholfs che, negli anni 20 del 900, è salito su una carrozza di terza classe e si è accorto, dopo la stazione di Picerno, che i contadini, gli artigiani parlavano un dialetto con tratti propri delle parlate settentrionali. Rholfs, girando per le campagne di Potenza, Avigliano,Tito, Picerno a dorso di mulo ha individuato queste zone come colonie gallo-italiche, avviando studi che la professoressa Del Puente porta avanti con “Alba”. Picerno Del Puente con Curcio, Gravante, Lettieri e ScavoneIntrodotta dal professor Paolo Curcio,docente e animatore delle attività  dell’ITIS,  studioso dei dialetti, la professoressa Del Puente  ha spiegato che  Alba sta per “Atlante Linguistico della Basilicata”, un progetto sostenuto e finanziato dalla regione Basilicata con fondi sociali europei che si propone di raccogliere, indagare e salvaguardare un patrimonio linguistico unico dei nostri territori. In anteprima, la professoressa Del Puente ha dimostrato nella sua relazione che accanto alle influenze gallo italiche nei dialetti dell’area ci sono influenze siciliane. Le popolazioni liguri che furono costrette a scendere al sud nel XII secolo a causa della riforma valdese andarono prima in Sicilia e da lì, cacciati delle invasioni degli arabi e dei saraceni, giunsero in Lucania. “La ricchezza dei fenomeni linguistici presenti sul territorio lucano è di interesse internazionale, perché la Basilicata, terra di transito di molti popoli, conserva nell’entroterra un patrimonio linguistico inesplorato”, sottolinea la  professoressa Del Puente. La lingua è uno degli aspetti più importanti della cultura dei popoli. Ai popoli sottomessi la prima cosa che si impone è la propria lingua. Combattiamo l’omologazione culturale della moderna società dei consumi. Distaccarsi dalla lingua significa non avere identità. E, al di là della lingua standard, necessaria per intendersi nei diversi contesti, la vera identità si trova nel dialetto. Pensiamo ai nostri lucani nel mondo da tre secoli, che si tramandano la lingua madre. Il dialetto è lingua perché racconta di ciascuno la propria storia,le proprie origini, la propria cultura. Conservare i dialetti significa salvare una memoria e una cultura nella quale il popolo si riconosce.

Mario Coviello

 

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