Basilicata spopolata, il bonus bebè non basta: tasso di natalità più basso d’Italia

tasso-natalita-2014-italiaRaddoppiare il bonus bebé per evitare il crac demografico in Italia. Aumentando la quota mensile per il primo figlio, portandola da 160 a 320, e anche quella del secondo in poi (da 240 a 400 euro), il Governo conta di frenare lo spopolamento in atto nella popolazione italiana. Fenomeno che in Basilicata ha assunto i contorni di una vera e propria emergenza: secondo gli ultimi dati Istat, infatti, nel territorio lucano risiedono 576.619 persone e tra queste ci sono 18.210 cittadini stranieri. La tendenza è chiara: si fanno pochi figli e si emigra. Di questo passo, nel 2030, in Basilicata ci saranno meno di 500mila abitanti. L’annuncio del ministro Lorenzin sul bonus bebé, dunque, potrebbe essere un valido aiuto, ma non basta a risollevare uno dei più bassi livelli di natalità che detiene la Basilicata (7,3 per mille, con la provincia di Potenza ancora più basso). Lo evidenzia Uil e Uilpo Basilicata sottolineando che nel 2015 si è registrata una riduzione del numero di figli per donna, sceso a 1,29.  Possiamo permetterci, in un periodo di crisi generale, di fare un figlio? A questo interrogativo le donne Uil spiegano che ad oggi l’offerta complessiva di asili nido è pari a 9.241 strutture, di cui 41,9% pubbliche (pari a 3869) e 58,1% private (5372). Ciò, tradotto, significa per assurdo che ogni asilo nido dovrebbe accogliere 226 bambini. È chiaro quindi che nel nostro Paese, nonostante la bassa natalità, c’è una forte insufficienza di servizi all’infanzia. E la sfera economica rende più complesso il quadro: il costo medio nei nidi pubblici è di 311 euro mensili che incide per il 12% sul budget familiare, con un aumento del 2,4% rispetto a tre anni fa. A questo costo, va aggiunta anche la spesa che ogni famiglia deve sostenere per il primo anno di età del bambino – dalle visite mediche alle pappe, dal latte artificiale (se serve per l’allattamento) ai pannolini a cui aggiungere lettino, carrozzina, passeggino, biberon, fasciatoio, medicine, vestiti e calzature – che può andare da 6.809 fino a 14.582 euro. Il nostro Paese – spiega la Uil-Uilpo – deve necessariamente invertire il trend in atto e attuare interventi incisivi a favore delle politiche per la famiglia e per un welfare efficace, investendo risorse certe e strutturali, per permettere ai genitori, in particolar mo do alle madri, di far fronte alle esigenze di vita personale e lavorativa. Tutelare la maternità e la scelta di diventare madri è un valore da difendere, tutelare e valorizzare per la crescita dell’intera società.  Quanto al bonus bebè, oggi e fino al 2017 è riconosciuto ai nuclei familiari che hanno un Isee inferiore a 25mila euro all’anno e a quelli che lo hanno più basso di 7mila. L’anno scorso sono state 330mila le coppie che hanno ricevuto il bonus. Di queste 245mila hanno avuto il contributo da 80 euro al mese e le altre da 160. Per avere un’idea del significato delle soglie, si stima l’Isee da 25mila euro sia quello di una coppia che guadagna 45mila euro lordi all’anno, vive in una casa con una rendita da 600 euro, ha un mutuo per 50mila euro e nel conto corrente ha 15mila euro. L’indice è infatti legato al reddito ma anche alle eventuali proprietà e pure ai debiti e al numero di componenti del nucleo familiare. Alla luce di tutte le considerazioni, le riflessioni e i dati discussi, il Dipartimento Pari Opportunità e Politiche di Genere Uil – riferisce Anna Carritiello, della segreteria regionale della Uil e responsabile politiche di genere – ha presentato alcune proposte: 1. Congedo obbligatorio anche per il padre di almeno 15 giorni e non solo di due, come previsto dall’attuale normativa; 2. Più risorse per i servizi per la prima infanzia, abbattimento delle tariffe degli asili, almeno del 10%, con possibilità di detrazione ai fini della dichiarazione dei redditi al 50% (ad oggi invece si può detrarre solo il 19%), misure di sostegno economico per l’acquisto di beni per il primo anno di vita del bambino; 3. Destinazione dell’8 per 1000 per aumentare i servizi per la prima infanzia; 4. Sostegno e sviluppo del welfare aziendale: destinazione delle caserme dismesse, dei beni confiscati alla mafia e dei beni immobili dello stato a centri per i servizi di cura; 5. Percorso preferenziale nelle prenotazioni per esami fondamentali nella gravidanza per ovviare il problema delle lunghe liste di attesa della sanità pubblica.

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

1 comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *