“Piano del Conte”, progetto ASeS-CIA in Basilicata per l’integrazione degli immigrati

Incontro-Piano-del-ConteL’esodo della disperazione dei popoli in fuga da guerre e miseria si può fermare solo con l’agricoltura. Questo il messaggio che la Cia-Confederazione italiana agricoltori ha lanciato in Expo nel corso della giornata “Dalla terra la sola speranza di pace e sviluppo” organizzata da Ases, l’Ong promossa dalla Confederazione, che opera da anni in tutte le zone svantaggiate del mondo e oggi ha illustrato un progetto mondiale di cooperazione. Un esempio viene dal Progetto Casa del Conte concepito dalla Ong della Cia per conciliare la salvaguardia del territorio e l’integrazione sociale. Il progetto sperimentale intende lavorare all’inserimento lavorativo degli immigrati in agricoltura, attraverso la riqualificazione dell’insediamento zootecnico, creato negli anni venti dal Principe Filippo Doria Pamphilj: un totale di 125 ettari pensati come “podere modello”, con all’interno una scuola agraria per i figli dei contadini.  Sin dalla fase di candidatura, agricoltura e integrazione sono state le parole portanti del Progetto: Piano del Conte come esempio di un contesto socio-economico moderno, capace di lavorare sul rilancio del comparto agricolo, sul fare rete, sull’inserimento lavorativo degli immigrati, in agricoltura. Partner di Piano-del-Conteprogetto, CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e ALSIA (Agenzia Lucana di Sviluppo e Innovazione in Agricoltura), con incontri, seminari e un lavoro costante di affiancamento e supporto alle aziende che stanno lavorando per ampliare le produzioni agricole del territorio, reintroducendo antiche cultivar e prodotti etnici, per mettere insieme le aziende del comparto in un “Contratto di Rete”, per definire un marchio di qualità “Piano del Conte”. Questo lavoro è il presupposto per il reale inserimento lavorativo degli immigrati in agricoltura; 60 degli immigrati coinvolti nel progetto della Fondazione con il Sud hanno completato un percorso formativo professionalizzante per acquisire competenze in agricoltura, realizzato visite didattiche presso le aziende agricole e avviato un’attività di sperimentazione sul campo, grazie alla disponibilità di terreni e competenze presso le Aziende Sperimentali dell’ALSIA. “Parole e contesti, storie e storia, questi gli elementi che – sottolineano Claudio Guccinelli (Ases) e Paolo Carbone (Cia) – hanno portato il progetto a concentrare la propria attenzione e le proprie finalità su uno specifico segmento della società. L’obiettivo prioritario del progetto è dato dall’integrazione e dall’inserimento degli immigrati nel sistema lavorativo e socio-culturale locale. Lo spopolamento della nostra regione, l’insufficienza di risorse umane da impiegare nel settore agricolo ed agroalimentare, l’alto tasso di invecchiamento degli imprenditori agricoli, a cui non corrisponde un ricambio generazionale, il processo di spopolamento delle aree rurali, rappresentano delle criticità per il nostro territorio, a cui gli immigrati possono dare un contributo decisivo con la loro presenza ed il loro lavoro” . Dino Scanavino, presidente di Cia e di Ases, ha ribadito come il modello portato avanti dalla Ong dei coltivatori italiani “ha dimostrato che è possibile una via diversa allo sviluppo della cooperazione internazionale”. “E’ indispensabile -ha spiegato Scanavino- operare per creare attraverso l’attività agricola, attraverso la valorizzazione delle comunità rurali e la promozione dei prodotti identitari dei diversi Paesi una migliore condizione di vita delle popolazioni. La tragedia dei migranti che si sta consumando sulla sponda sud del Mediterraneo impone di trovare soluzioni durature capaci di ricostruire un tessuto economico e sociale tale da scongiurare la fuga disperata di quelle popolazioni. Noi abbiamo il dovere di contribuire alla crescita di quei Paesi; di rafforzare, attraverso l’impostazione di nuovi e maggiori programmi di cooperazione agricola, una politica di sviluppo sostenibile tale da offrire alle popolazioni, e soprattutto ai giovani di quei Paesi, una prospettiva”. Con i progetti di Ases, ha aggiunto, “abbiamo dimostrato che un modello alternativo è possibile: coltivare la terra per alimentare la speranza e nutrire davvero il pianeta”.

 

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