Un litro di latte lucano di alta qualità, che i grandi marchi lattiero-caseari del Nord acquistano alla stalla, viene pagato all’allevatore lucano meno della metà di quanto costa una tazzina di caffè al bar. E’ questa la motivazione principale – sottolinea la Cia – della manifestazione con protagonisti migliaia di agricoltori, provenienti da tutt’Europa, scesi in piazza a Bruxelles per sollecitare le istituzioni comunitarie a intervenire tempestivamente sulla crisi della zootecnia. «In un momento in cui il rapporto fra il prezzo del latte alla stalla e il suo costo di produzione ha raggiunto livelli inaccettabili per gli allevatori, l’Europa – afferma Luciano Sileo, Ufficio Zootecnia Cia Basilicata – vara una misura che permette l’utilizzo di latte in polvere nella produzione di derivati. Tutto ciò mentre le aziende zootecniche che ancora oggi continuano a produrre –aggiunge – sono, certamente, quelle più efficienti e maggiormente orientate al mercato e la cui crescita, registrata in questi difficili anni, è un segnale di fiducia nella tenuta del settore. Il latte fresco – come quello lucano che viene conferito a grandi e prestigiose imprese nazionali – è già quasi tutto ottenuto a partire da latte crudo proveniente da allevamenti italiani. Pochi forse sanno che il latte fresco del marchio prestigioso è di provenienza da stalle della Val d’Agri o del Melandro o della Collina Materana. Il fresco non può viaggiare molto, deve essere confezionato entro 48 ore e quindi giocoforza le industrie devono fare ricorso ai produttori locali. Il problema vero è conoscere l’origine del latte importato (8,6 milioni di tonnellate) utilizzato nelle produzioni di latte UHT o per preparare mozzarella e formaggi venduti come “made in Italy”. Il settore lattiero-caseario è una colonna portante dell’economia agroalimentare nazionale e lucana : l’Italia annovera circa 35.000 aziende, di cui meno di un migliaio in Basilicata per una produzione (2013) di 184 tonnellate di latte vaccino. E’ perciò necessario dare stabilità al settore definendo un “prezzo del latte” con un contratto semestrale o, al massimo, quadrimestrale, al fine di consentire agli allevatori di poter avviare la programmazione a medio termine”.. In Basilicata – riferisce la Cia – la trasformazione del latte vede coinvolte 135 aziende lattiero-casearie distribuite con una maggiore incidenza nel Potentino (90 aziende) rispetto al Materano (45), ed organizzate in maniera da presentare all’interno della propria struttura ogni fase della filiera a partire dall’allevamento (46% delle aziende lattiero casearie censite dall’Alsia). La produzione lorda del latte in Basilicata nel 2012 ammonta ad oltre 28 Meuro, pari al 21% dell’intera produzione lorda attribuibile al settore della zootecnia (circa 162 Meuro), di cui 19,3 Meuro sono attribuibili al latte di vacca e di bufala (quest’ultimo allevamento è però poco diffuso in Basilicata) e 8,9 Meuro derivano dalla vendita del latte di pecora e di capra. “Con questa manifestazione vogliamo sostenere le istanze dei produttori italiani in Ue -ha detto dalla capitale belga Dino Scanavino, responsabile del coordinamento che riunisce Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari-. La situazione della zootecnia sta diventando sempre più insostenibile e gli agricoltori, nonostante i loro sacrifici, non riescono a lasciarsi alle spalle gli effetti della crisi. Da un lato il comparto della carne, che deve fare i conti con la sempre più pressante volatilità dei costi delle materie prime, con la forte dipendenza dall’estero dei ristalli e con i prezzi fermi da troppo tempo a livelli non remunerativi; dall’altro lato il settore lattiero-caseario, con quotazioni all’origine in caduta libera negli ultimi mesi. Un comparto che, dopo trent’anni di sistema delle quote, necessita di certezze per il futuro e le cui prospettive reddituali sono tutte da valutare. La zootecnia perde redditività ogni giorno di più e i prezzi pagati agli allevatori spesso insufficienti anche a coprire i costi produttivi mettono a rischio la sopravvivenza delle aziende -ha osservato Scanavino-. Intanto, servono provvedimenti a breve termine da attuarsi subito per ridare fiato agli allevatori e “tamponare” l’emergenza. Al ministro Maurizio Martina, che abbiamo incontrato con la delegazione di Agrinsieme prima dell’inizio del Consiglio Ue -ha spiegato Scanavino- abbiamo chiesto: di attivare un intervento di ritiro dal mercato dei formaggi Dop (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Montasio) per un equivalente di circa 15 milioni di euro da assegnare agli aiuti agli indigenti; di ristrutturare il debito delle aziende zootecniche colpite dalla crisi; di restituire agli allevatori le quote versate e oggetto di compensazione nel periodo 2014/2015, che stimiamo siano circa 75 milioni di euro; di avviare un piano di promozione istituzionale per il consumo di carne e latte italiane.