“L’asino di Buridano” tra i vaccini, nell’Italia Stres(s)ata e senza freni

Come il più famoso degli asini, posto tra due mucchi di fieno uguali ed equidistanti, nell’imbarazzo della scelta finì per morire digiuno, similmente rischiano di finire coloro che, dovendo scegliere tra i vaccini anti-Covid 19: Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson, AstraZeneca etc., tutti ritenuti efficaci, alla fine non si vaccinano affatto, mettendo in serio pericolo la salute propria e quella della comunità, a causa del mancato raggiungimento della cosiddetta “immunità di gregge”.

Certo, gli “incidenti” in itinere occorsi ad  AstraZeneca e, per la verità, non solo a questa, frutti della necessaria velocità di sperimentazione di un vaccino preparato a tempo di record come mai prima, non hanno giovato alla costruzione di una buona fama di certi marchi di fabbrica, complici il colpevole “overbooking”, la cattiva informazione e la guerra commerciale tra i produttori stessi. Cosicché, mentre da una parte ci si lamenta per la carenza di vaccini, dall’altra restano stipati nelle celle frigorifere ingenti quantitativi del prezioso antidoto, tanto agognato ex ante e subito trasformato in strumento di lotta politica ex post. Insomma, come sempre, come si dice da noi, al Sud: c’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Per fortuna, nonostante tutto, la campagna vaccinale italiana è comunque tra le migliori: basta fare un po’ di zapping tra i telegiornali di Paesi esteri, vicini o lontani, per rendersene conto e frenare, finalmente, l’innesco delle inutili e deleterie “baruffe chiozzotte” a cui ci hanno abituati certe forze politiche (s)fasciste di questa nostra “povera patria, sì bella e perduta”.

Di sicuro, quando la pandemia avrà esaurito la sua forza distruttrice, dovremo fare i conti con i postumi o effetti collaterali indesiderati, già ben visibili attraverso i prodromi non solo sul piano economico, con milioni di posti di lavoro persi e le casse statali vuote, ma anche e, soprattutto, su quello etico-morale. A questo punto, il pensiero va inevitabilmente alla tragedia della Funivia del Mottarone, a Stresa, dove, dalle prime indagini, emerge ancora una volta quanto l’accumulazione selvaggia del (proprio) capitale sia diventata una sorta di priorità ontogenetica anche in un momento drammatico come quello, inedito, in cui siamo piombati da circa un anno e mezzo. Lì, in quel luogo così ameno sul Lago Maggiore, in pratica, si è proceduto deliberatamente al blocco del sistema frenante di sicurezza, per evitare … soste improduttive alle cabine volanti (sic). Sì, proprio come quando, pericolosamente, si bypassano i fusibili di protezione in un circuito elettrico! Risultato? Fune spezzata, un abitacolo nel precipizio. Il patatrac è servito: 14 morti, intere famiglie sterminate, tra cui quella del piccolo Eitan, israeliano di 5 anni, unico sopravvissuto, ora in ospedale con ferite e fratture multiple. Ed è cominciato subito, immancabilmente, il classico scaricabarile tra i tre responsabili del disastro: interrogati, indagati e subito liberi, nonostante la certezza che tale pratica avesse avuto inizio già dal 2014 (in base alle testimonianze audio/video raccolte dalla televisione di Stato tedesca ZDF, subito fornite alla Procura di Verbania). Capite l’antifona: il GIP Donatella Banci Buonamici, che ha ribaltato la decisione del PM Olimpia Bossi, ha detto trionfalmente convinta, a chi contestava il suo provvedimento “impopolare”: “Dovreste essere felici di vivere in uno Stato in cui il sistema fa giustizia ed è una garanzia e invece sembra che non siate felici, l’Italia è un Paese democratico (…)”. Proprio così.

Che dire? Una vicenda che si commenta da sola. Un déjà vu, agli occhi sgomenti del mondo intero, memore anche delle altre catastrofi italiche precedenti!

Tutto ciò, è impossibile negarlo, in quanto l’ingordigia è aumentata di pari passo all’incertezza per il futuro. E la paura del Covid 19, sorprendentemente, anziché costituire un deterrente etico-psicologico, al contrario, è diventata un’esca di fobie, manie, frustrazioni e spirito di vendetta dell’essere umano: ” animale sociale ” difficile da domare. L’assalto a Capitol Hill negli U.S.A e, da noi, le recenti minacce, arrivate finanche alla più alta carica dello Stato, ad opera di certi facebookers/odiatori informatici, assurti inopinatamente a nuovi giudici inquirenti, mascherati dietro un vero o presunto anonimato della “Rete”, orribile “Tribunale d’Inquisizione” dell’età contemporanea, insieme agli esecrabili maltrattamenti in famiglia, sempre più spesso, purtroppo, sfocianti in infanticidi ed uxoricidi, sono degli indicatori emblematici. Essi rappresentano la perfetta “cartina di tornasole” di questa società malata, in evidente fase di non compos mentis, aggravatasi con il necessario obbligo di clausura imposto dal terribile male oscuro, di eziologia incerta, del XXI secolo, nuovo casus belli per rimpiazzare la “Guerra fredda” tra le super-potenze mondiali vecchie e nuove.

In ultima analisi, pare proprio che non debba esserci mai pace sulla Terra, definita, a ragion veduta, da Giovanni Pascoli, con una polirematica efficacissima: “atomo opaco del male”. E adesso speriamo che il nostro gigantesco “Vaso di Pandora” non venga esportato anche sulla Luna e su Marte, rimasti in pace per miliardi di anni e ora seriamente in pericolo, a causa delle recenti, misteriose imprese spaziali “esplorative”. All’erta, dunque, Seleniti e Marziani, se esistete veramente! Parafrasando Lacoonte, vi esorto in preghiera: ” Temete i Terrestri, anche quando recano doni!”.

Prof. Domenico Calderone

3 comments

  1. Enzo

    Caro Prof., non ti smentisci mai: Sempre coerente e forte , ami le tue idee e quello che rappresentano per Te : il SENSO VERO DEL TUO LAVORO !!!! Mi tornano in mente le parole di Guerriero (Marco Mengoni): ‘ e non lottero’ mai per un compenso, lotto per amore…. lottero’ per questo …. !!!!

  2. Dr. Giuseppe Giannini

    La tragedia della funivia è paridgmatica della società malata in cui siamo immersi.E non mi riferisco di certo al covid, ma anche qui “business as usual”.
    L’individuo proprietario non riesce ad andare oltre il proprio ego.
    In questa dimensione, ogni comportamento asociale determina conseguenze letali per la collettività.
    Gli incidenti che toccano le vite delle persone, diretti o mediati (dall’Ilva alle morti bianche, dal ponte Morandi alla strage di Viareggio) hanno un comune denominatore: l’avidità dell’economia capitalistica.
    Quindi, non bastano gli interventi ex post della giustizia o la riprovazione di una collettività fintamente sbigottita, se non si rimuovono le cause e si mette in discussione questo modello di sviluppo.
    Parafrasando Fukuyama, possiamo dire che la storia è finita da quando le istituzioni democratiche hanno abdicato al proprio ruolo, facendo prevalere l’economico sul politico, o legiferando in direzione di determinati interessi.
    Ciò ha inevitabilmente comportato una mutazione antropologica, che mette al centro gli interessi dei singoli a scapito delle formazioni sociali, perchè “la società non esiste”, contano solo gli individui.

  3. Marco Cianca

    Il professor Domenico Calderone, come sempre, è illuminante. Con la sua prosa elegante squarcia il velo delle ipocrisie, delle menzogne, delle convenienze.
    L’impressione, purtroppo, è che gli effetti della pandemia abbiano peggiorato ciò che già prima era insostenibile. Si plaude a qualche decimale di PIL in più senza neanche riflettere su quel che significa ripiombare in un alienato consumismo. L’apertura dei ristoranti, il dibattito sui posti a tavola, la lotta al coprifuoco, la dissennata corsa alle discoteche e alle vacanze assumono la tragicità di una danza macabra.
    Meno male che a temperate il leopardiano pessimismo cosmico contribuisce il professor Calderone con la sua preziosa lungimiranza. Finché ci saranno persone come lui possiamo ben dire: non prevarrà no.
    Marco Cianca

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