Al via la seconda settimana di ‘zona rossa’. Nel Potentino, nella prima, perdita di fatturato di circa 3 milioni di euro

La stima di Confcommercio

Nella prima settimana di chiusura i circa 6 mila esercizi commerciali (circa 4.500 al dettaglio e 1.500 all’ingrosso) della provincia di Potenza, su 7.750 in totale, hanno subito una perdita di fatturato tra i 2,5 e i 3 milioni di euro. La perdita – calcolata in rapporto allo stesso periodo del 2019 (il primo bimestre 2020 con il seguente primo lockdown non è indicativo) – si è concentrata per quasi il 70% del capoluogo e in una trentina di grandi-medi comuni considerati a maggiore “presenza commerciale”. Sono dati diffusi dal Centro Studi Confcommercio Potenza che sottolineano la “maggiore sofferenza” per le attività di abbigliamento, calzature, accessori. Nonostante la spesa familiare per consumi dal secondo semestre 2020 in Basilicata registra un calo consistente (intorno all’8%, Centro Studi Confcommercio) la stagione dei saldi  è stata “molto deludente” con una contrazione di vendite tra il 30 e il 40% rispetto ai saldi invernali 2019. Una situazione aggravata adesso con le restrizioni della zona rossa proprio nella fase di avvio delle vendite primavera-estate. Per continuare ad esprimere la drammaticità di piccole imprese, in gran parte ditte individuali o familiari, Confcommercio ha intensificato le iniziative di protesta a Potenza e in alcuni centri della provincia, tra i quali Villa d’Agri, da sempre “centro commerciale comprensoriale”.

Antonio Sorrentino – che a nome di Federmoda-Confcommercio nei giorni scorsi ha rivolto un appello al Presidente Bardi e all’Assessore alla Salute Leone per “provvedimenti restrittivi locali” – tenuto conto l’andamento molto diversificato del contagio – sottolinea che “in questa fase vanno garantiti sostegni economici adeguati ed immediati”. “Il nostro massimo impegno – aggiunge – è quello di salvare dal fallimento il numero maggiore di imprese commerciali che specie nei settori abbigliamento e calzature sono fortemente penalizzate in quanto esposte per l’acquisto, avvenuto da alcuni mesi, di abbigliamento e calzature per le stagioni primavera-estate che le aziende e i gruppi produttori già adesso chiedono di onorare a cui aggiungere i solleciti dei locatari a pagare i fitti e quelli delle banche a rientrare per il fido. Confcommercio rinnova la richiesta di sostegni economici efficaci e veloci per ogni giorno di chiusura da “parametrare” agli incassi registrati in questo stesso periodo nel 2019 e non certo nel 2020 quando addirittura è avvenuto il primo lockdwon. Condividiamo la posizione assunta dai sindaci che contestano la zona rossa ma – dice Sorrentino – alla contestazione e alla protesta fino a quando non sarà modificata la griglia di indicatori che determina la zona rossa devono seguire le proposte concrete in grado di scongiurare il rischio che troppe serrande non si alzino più e che i nostri borghi già minacciati dallo spopolamento non abbiano più negozi e servizi per i cittadini”.

Il Centro Studi Confcommercio, in proposito, sottolinea che nel mese di maggio 2020 l’effetto combinato del Covid e del crollo dei consumi ha portato a stimare la chiusura definitiva in tutto il Paese nel 2021 di oltre 390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato, di cui tra 1.300-1.500 attività differenti solo in provincia di Potenza. Per restare alla provincia di Potenza le imprese realmente attive, alla fine 2020, sono 7.755 di cui le più numerose (5.400 esercizi) sono di commercio al dettaglio e 1.900 di commercio all’ingrosso. Ma se non si consente la riapertura e quindi la liquidità di incasso queste previsioni sono, purtroppo, destinate a peggiorare. Per quanto riguarda la dimensione aziendale, il segmento più colpito è quello delle micro imprese – con 1 solo addetto e senza dipendenti – per le quali basterebbe solo una riduzione del 10% dei ricavi per determinarne la cessazione dell’attività.

“Si tratta di stime – sottolinea l’Ufficio Studi Confcommercio- che incorporano un rischio di mortalità delle imprese superiore al normale per tener conto del deterioramento del contesto economico, degli effetti della sospensione più o meno prolungata dell’attività, della maggiore presenza di ditte individuali all’interno di ciascun settore e del crollo dei consumi delle famiglie”.

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