Gli autotrasportatori di Agora 2.0 scrivono al presidente Conte: “Dia un taglio netto oppure non tocchi niente!”

L’associazione di autotrasportatori “Agorà 2.0 – MT” è un punto di incontro, che unisce i suoi utenti nella più grande mobilitazione dell’autotrasporto. E’ presieduta da un autotrasportatore di adozioni lucane, di Tito, Srdjan Grujic. In questi giorni, hanno scritto una lettere al presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Ecco il testo integrale.

Egregio Presidente Giuseppe Conte, dia un taglio netto oppure non tocchi niente!

La situazione richiede decisioni coraggiose: o si salvaguarda la salute della popolazione, oppure si sceglie di proteggere quello che resta dell’economia, ovvero quella che fa capo ai grandi nomi dell’imprenditoria italiana. I provvedimenti timidi, che vorrebbero rappresentare una soluzione per entrambi i problemi sono privi di effetto e pericolosi: né si realizza un efficace contenimento dell’epidemia, né risollevano le innumerevoli piccole imprese già distrutte. Come Agorà 2.0 – MT, Le abbiamo chiesto, già all’inizio di questo momento di eccezionale gravità, la realizzazione di un “Piano straordinario d’emergenza dei trasporti e della logistica”, al fine di affrontare le problematiche del trasporto merci con misure più adeguate e senza improvvisazione alcuna. È necessaria la massima attenzione e cautela, nonché competenza nel settore, perché, come in ogni difficoltà, durante le guerre e carestie, c’è chi fallisce e chi invece fa profitti e si arricchisce. Lei è sicuro di essersi affidato ai consiglieri competenti? Il trasporto su gomma è un settore strategico e pieno di sfaccettature, anche di contraddizioni e di forte ipocrisia, e per questo motivo la sua regolamentazione andrebbe affrontata con estrema serietà e competenza. Con grande delusione abbiamo constatato che le normative finora emesse non hanno tenuto in nessuna considerazione le difficoltà ed i rischi a cui è sottoposto il personale viaggiante, che ha vissuto la pesante sensazione si abbandono da parte dello Stato. Ridurre l’esposizione al maggior rischio ai momenti di carico e scarico, così come imporre la chiusura dei punti di ristoro, dimostra la poca conoscenza delle dinamiche di questo lavoro da parte di chi dovrebbe sovrintendere alla garanzia del diritto alla salute ed emette normative che hanno grande impatto sulla vita dei lavoratori del settore. Ora, finalmente, e lo diciamo in quanto cittadini preoccupati per la nostra salute, per quella dei nostri cari e di tutta la popolazione, si è deciso di fermare le attività produttive. Non tutte, ma solo una parte, quelle non primarie. Purtroppo questa quota si restringe sempre di più, ed i confini tra ciò che è primario e ciò che non lo è diventano sempre più labili, preparandosi un ulteriore scenario di provvedimenti inefficaci che, se da una parte ottengono il contenimento dell’epidemia, dall’altra inficiano il sacrificio di segregazione a cui gli Italiani sono sottoposti già da oltre due settimane.

Egregio Presidente del Consiglio,

sicuramente il fermo delle attività produttive crea ulteriori gravi problemi economici al Paese, ma chiunque abbia conoscenza del settore trasporto e logistica sa che un blocco parziale, oltre ad anteporre gli interessi economici di alcuni alla salute della popolazione, rappresenta un durissimo colpo per padroncini, piccola e media impresa. Le imprese di trasporto hanno sottoscritto contratti con la committenza che le obbligano al trasporto della merce, pena il pagamento di importanti sanzioni per inadempienza, a meno di un blocco decretato in virtù dell’attuale emergenza.
Inoltre, questa azione si rifletterà anche sull’industria degli Stati membri UE legati all’export/import nazionale. La decisione non andrebbe presa unilateralmente! Stiamo creando depressione e squilibrio, nonché un vertiginoso aumento di prezzi! Per capire il perché di queste affermazioni bisogna conoscere le dinamiche del trasporto. Un camion deve viaggiare carico, questo significa che è necessario trovare merce da trasportare per poter far rientro in sede. La maggior parte dei camion che parte dalla Sicilia trasporta frutta, ma al rientro potrebbe portare un carico di collettame, un altro che dal Sud si dirige al Nord, potrebbe portare ferro e rientrare con un carico di acqua minerale, un camion che si dirige all’estero con tessuto non tessuto, rientra con alluminio, legname, macchinari industriali e così via. Interrompere una parte di questi trasporti significa che il camion deve forzosamente tornare vuoto, perché non troverà un ricarico da portare nel viaggio di rientro, data la riduzione quantitativa e qualitativa delle merci prodotte. Questo crea inevitabilmente un aumento dei costi da sostenere, perché saranno viaggi senza guadagno quando non in perdita, perché difficilmente la committenza è disposta a pagare il rientro, cosa che farebbe aumentare comunque il costo finale del prodotto. Il trasportatore, in mancanza di un provvedimento specifico del Governo, non può difendersi a questo aumento di costi, rinunciando a viaggi che gli comportano una perdita economica perché, come già detto, si troverebbe in una situazione di inadempienza contrattuale. Se, piuttosto che consentire la produzione ed il trasporto delle sole merci essenziali, si amplia l’elenco della tipologia di produzioni consentite, maggiore sarà la ricaduta negativa sulle aziende di logistica e trasporto, almeno per quanto riguarda le piccole e medie realtà impresariali. A peggiorare la situazione, vi è la possibilità di cabotaggio, anche illegale e difficile da contrastare. Il minor prezzo a cui vengono offerti i viaggi dalle ditte dell’Est, spesso ditte italiane trasferite in quei Paesi, da sempre affama la piccola e media impresa e, nella attuale situazione, si appropria di viaggi che potrebbero portare un po’ di ossigeno alle imprese che hanno scelto di restare italiane. Crediamo che, data la criticità del momento, sia opportuno mantenere unicamente le produzioni ed i trasporti necessari, discriminando non solo in base alla tipologia del prodotto, ma anche alla sua destinazione. Diversi materiali servono per la produzione di beni di prima necessità, ma anche per prodotti che non si possono considerare tali: il cartone, necessqrio per l’imballaggio di alcuni alilenti, è ampiamente usato per altre lavorazione che nulla he anno di essenziale e necessario. Pensiamo che non tutto il cartone debba essere prodotto e viaggiare. Riteniamo che una così grave situazione meriti il sostegno dello Stato, che potrebbe avvenire compensando le maggiori perdite ed i costi maggiorati con agevolazioni sui pedaggi autostradali ed un ulteriore rimborso per il carburante. Pensiamo anche che, in una situazione così eccezionale e che richiede il ricorso a norme eccezionali, così come consentito dalle direttive europee, il cabotaggio andrebbe fermato, per aumentare le possibilità di lavoro delle nostre imprese. Un’ultima considerazione riguarda il numero degli autisti ancora in servizio. Questa categoria non è tenuta, al pari di altri cittadini, a dichiarare il passaggio per le province a maggior rischio, né tanto meno il rientro dall’estero, e non è sottoposta a nessun controllo o isolamento. Al termine di un viaggio, l’autista rientra in famiglia, esponendo quest’ultima ad un eventuale contagio che può essere diffuso nella comunità lavorativa dei conviventi, innescando una catena continua di diffusione della malattia. Interrompere tutte le attività non essenziali significa anche ridurre sensibilmente questa non trascurabile via di diffusione. Per queste ragione, Signor Presidente, Le chiediamo di riflettere sui provvedimenti che si accinge a prendere, ascoltando non solo i rappresentanti dei grandi interessi del trasporto, ma offrendo l’ascolto anche a quelle parti più numerose e non meno importanti, ma silenti, che con il loro lavoro contribuiscono a sostenere l’economia del Paese.

Rimaniamo a Vostra disposizione per ogni ulteriore chiarimento in merito. Distinti saluti

Agorà 2.0 – MT – Il Presidente, Srdjan Grujic

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