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Le opere del lucano Donato Santoro al centro di una conferenza nell’aula magna del carcere Rebibbia di Roma

Pochi giorni fa, presso l’aula magna del carcere di Rebibbia in Roma, si è tenuta una conferenza con presentazione di tre libri sul tema dei “diritti del detenuto”. Le tre opere giuridiche sono state scritte dal prof. avv. Donato Santoro, penalista del Foro di Roma, e sono intitolate, rispettivamente: “Il diritto alla salute per il recluso in rispetto all’art. 32 della Costituzione; “La pericolosità sociale durante l’esecuzione della pena” e infine “Anche per l’ergastolano c’è una speranza”, tutti editi dalla Youcanprint (Lecce, 2019). E proprio intorno ai tre titoli, hanno disquisito altissimi esponenti della Magistratura, dell’Avvocatura, della politica, delle gerarchie militari ed ecclesiastiche. Ha moderato il dr. Carmine Viggiano, della Gazzetta del Mezzogiorno, che ha regolato gli interventi dei diversi oratori. A fare gli onori di casa (circondariale) è stata la dr.ssa Rossella Santoro, direttrice del carcere di Rebibbia, che ha enfatizzato “la funzione rigeneratrice del detenuto, quando l’espiazione della pena non assume caratteri vessatori”. Infatti, qualche anno fa, i carcerati di codesto penitenziario furono protagonisti del film di successo “Cesare deve morire”. Il primo iscritto a parlare, il dr. Pierpaolo Rivello, Procuratore generale militare emerito della Suprema Corte di Cassazione, ha impartito una vera e proprio lectio magistralis sull’art. 32 della Costituzione. Subito dopo, il dr. Giorgio Poscia, magistrato presso la Corte d’Appello di Roma, ha tracciato un confine ideale tra applicazione della legge e percezione da parte del magistrato. Nell’inusuale “tour de force” giuridico, è stata poi la volta della dr.ssa Maria Paola Bragion, che ha portato il saluto del Consiglio Superiore della Magistratura, e del dr. Nicola Mercurio, consigliere del Ministero della Pubblica Istruzione e magistrato presso la Corte dei Conti. Quindi il dr. Giorgio Labella, criminologo clinico, ha spiegato la differenza tra lui ed il semplice criminologo, che è un avvocato specializzato in criminologia forense. La politica si è palesata attraverso l’intervento dell’on. Cosimo Maria Ferri, ex Sottosegretario alla Giustizia, che ha snocciolato dei dati relativi alla sua attività politica, elencando i provvedimenti a favore della vivibilità della popolazione carceraria in funzione rieducativa e riabilitativa. Per la corporazione degli avvocati sono intervenuti, tra gli altri, il Prof. Domenico Pavone, docente c/o l’Università di Bari; l’avv. Mauro Vaglio, già presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma; l’avv. Francesco Potenza, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Potenza (è una falsa tautologia); il Prof. avv. Ivan Russo, del Foro di Potenza, autore dell’aggiornamento del Codice Penale vigente; l’avv. Antonio Cetrulo, del Foro di Avellino, l’avv. Franco Del Monte, del Foro di Potenza, e, dulcis in fundo, l’avv.ssa Valeria Martinelli, del Foro di Rieti, che, dopo aver tessuto le lodi dell’autore dei tre libri presentati, “per le sue rare qualità umane e professionali”, ha letto commossa ed emozionata una lettera proveniente dal figlio del prof. Santoro, Cristian. Per le forze armate, hanno preso la parola: il dr. Roberto Rialti, ex collega dell’avv. Santoro; il gen. Mauro d’Amico, comandante della Polizia Penitenziaria, che ha sottolineato la sintonia con i pareri espressi da tutti gli “addetti ai lavori”; il gen. di divisione dell’Aeronautica Militare, Silvano Finelli, che ha condiviso l’idea di un carcere più umano; il gen. di Corpo d’Armata della Guardia di Finanza, Edoardo Valente, che ha espresso il suo apprezzamento per la lodevole iniziativa, e il colonnello dei Carabinieri, dr. Mauro Zagaria, che ha rappresentato la necessità di un maggiore coordinamento tra le forze dell’ordine e gli organi di Giustizia. Dopo il saluto dell’Ispettore generale dei cappellani d’Italia, don Raffaele Grimaldi, e di padre Vittorio, della casa circondariale di Rebibbia, ha preso la parola l’estensore di questo report, che, nella veste di “avvocato del diavolo”, fuori dal coro, pur ritenendo giuste tutte le tesi degli autorevoli oratori intervenuti e quelle espresse in “Anche per l’ergastolano c’è una speranza”, ha criticato “l’assenza nel dibattito di qualsiasi riferimento alle vittime dei delitti commessi e alle forze dell’ordine, a cui spetta l’ingrato compito del primo approccio con i parenti delle vittime, in una società in stato di “non compos mentis” in cui la vita dei deboli è costantemente vilipesa e femminicidi ed infanticidi sono, purtroppo, in costante aumento. L’esortazione critica ad aumentare l’azione preventiva e la certezza della pena, riducendo, comunque, la macchinosità, la lentezza e l’aleatorietà della Giustizia, troppo indulgente nei confronti di chi commette crimini contro la persona, sempre più spesso ad opera di minorenni di ambo i sessi (emblematico il raccapricciante caso del povero Antonio Stano, di Manduria, vergognosamente rilanciato come trofeo sui social media dagli stessi autori), ha raccolto l’approvazione generale delle circa 200 persone presenti in aula.

Prof. Domenico Calderone