Potenza, la denuncia di Giulia: “Altro che accessibilità, al Teatro Stabile abbiamo avuto problemi per entrare con una sedia a rotelle”

Vivo da un po’ fuori, ma torno sempre a Potenza, dove vivrei tranquillamente se ne avessi la possibilità, sono sempre molto attenta a ciò che accade, al fermento, alle proposte per rendere il capoluogo attraente per cittadini ed eventuali turisti. Ho studiato temi relativi alla promozione territoriale, all’accessibilità, come uno dei cardini del turismo culturale per cui sono sensibile all’argomento. Leggo sempre di quanto si possa fare, di quanto la Potenza abbia un Capitale culturale e ne sono contenta, ci credo anche, conosco – di persona o per ciò che fanno – quanti si impegnano perché tanti bei propositi diventino realtà MA … C’è sempre un MA, a quanto pare! Sabato 18 ho partecipato a un matrimonio, che gli sposi hanno deciso di celebrare nella Sala degli Specchi del Teatro Stabile che il Comune mette a disposizione – con un sovrapprezzo il sabato – e che è una bella sala, forse più bella delle altre. Sarebbero stati presenti ospiti da tutta Italia e da diversi paesi europei, era una bella occasione per far conoscere luoghi belli della nostra città, chissà avrebbero deciso di tornarci più in là, da turisti. Gli sposi hanno fatto più volte presente che al matrimonio avrebbe preso parte anche una persona che è costretta sulla sedia a rotelle. È stato assicurato loro che non ci sarebbero stati problemi, nonostante per arrivare all’ascensore del teatro ci siano 6 gradini da percorre.  Già qui c’è qualcosa che non va perché mi sembra ovvio che in un luogo civile non ci dovrebbe essere bisogno di specificare se ci siano persone disabili tra i presenti. Peccato che sabato mattina io abbia portato alcune decorazioni in teatro, prima della celebrazione, e non abbia trovato alcuna rampa che permettesse di superare i gradini né abbia trovato responsabili del teatro che fossero a conoscenza della situazione, almeno a loro dire.  Alla mia richiesta di risolvere il problema, una delle signore ha risposto che non ne sapeva nulla, che l’avevano solo chiamata per aprire il teatro e che avrebbe chiamato il responsabile del teatro di cui però non aveva il numero di telefono. Alla mia insistente richiesta di trovare una pedana rispondeva: quella che si usa non è in teatro e comunque è troppo pesante per cui lei non sarebbe andata a prenderla e che loro, ha ripetuto più volte, non erano stati avvisati. Naturalmente io mi sono inalberata e, tra le altre cose, ho fatto notare che è vergognoso che ci sia questo problema e che non ci sia una pedana sempre disponibile. Al che mi ha detto che per entrare in platea non ci sono questi problemi, come se questo ci (a me, agli sposi, ai potentini) dovesse bastare. Ho ribattuto che non è sufficiente, dato che il Comune mette a disposizione quella sala e non si dovrebbe poter permettere il disagio che, invece, causa. Ho anche fatto notare che si sarebbe dovuta indignare anche lei 1) perché è vergognoso che ci siano barriere architettoniche e 2) perché non era stata avvisata e stava sorbendosi il mio – passatemi il termine – “cazziatone”. Mi è stato risposto che non c’è molto da fare per le barriere, è proprio la struttura che è così e, comunque, non le interessava del cazziatone perché non era un suo problema. Mi sono imbestialita: non è che nel resto del mondo abbattano le vecchie strutture e le ricostruiscano accessibili, semplicemente le adeguano e, a questo punto poiché non è un suo problema, le auguravo di non trovarsi mai su una sedia a rotelle nè che capitasse a suoi parenti o, forse, le auguravo proprio di trovarsi in quella situazione. E ho promesso che avrei subito scritto ai giornali … siamo pur sempre nell’era di Iene e Striscia la Notizia e certe cose sembrano smuoversi solo se si rendono note sui media. Come se non bastasse, arrivati con la macchina in piazza, sulla zona accessibile dell’ingresso a teatro era parcheggiato un furgoncino dell’UNITALSI … si quelli che trasportano i disabili nei vari pellegrinaggi! Il responsabile del teatro era poggiato sul furgoncino e mi ha sorriso un po’ imbarazzato, esclamando “dove saranno ora questi” e correndo a cercare l’autista. Grazie al cielo tra gli invitati c’era gente in grado di sollevare la persona sulla sedia a rotelle per cui siamo riusciti ad entrare e a raggiungere l’ascensore, il matrimonio è stato celebrato con gioia e senza problemi, ma NON È GIUSTO che si debba far ricorso a dei baldi giovani per l’ignavia di dipendenti comunali indifferenti a tutto, tranne che a uno stipendio assicurato, perché se ci penso la cosa che più mi ha infastidito è stato quel “a me non interessa, non è un mio problema”. E qui torniamo al mio incipit: la cultura. Che città è una città non accessibile? Che cultura porta con sè? Che cultura fa conoscere attraverso i dipendenti della sua amministrazione? E poi mi è venuto in mente che già qualche settimana fa avevo segnalato un altro scempio: l’ascensore per disabili delle scale mobili di Santa Lucia trasformato in botteghino per il bigliettaio. A quanto pare c’erano state anche delle interpellanze in Consiglio Comunale ma non si era giunti a uno smantellamento per rimettere in funzione l’ascensore (che, per tornare al matrimonio, la persona in sedia a rotelle avrebbe potuto comodamente usare senza dover arrivare in macchina in Piazza M. Pagano). E poi ho ripensato ai parcheggi per disabili di piazza Bologna, di cui si è molto discusso qualche settimana fa e a  quella volta in cui litigai con la proprietaria di una porche che aveva parcheggiato sullo scivolo di un marciapiede a Gallitello e mi è venuto un certo sconforto. Per cui oggi io tifo un po’ di meno per la mia città, mi dispiace.  E sono davvero indignata, nonostante il tono fin troppo pacato di questo mio scritto. Spero che il sindaco, l’assessore competente e i responsabili del teatro facciano in modo che non si ripresenti più un problema del genere, non si tratta di mettere in atto soluzioni troppo complicate e costose, basta avere una rampa mobile da conservare in teatro (agevole da spostare altrimenti la signora si sforza troppo, non vorrei si stancasse) e usare all’evenienza, anche mia nipote di tre anni lo immagina, ma forse lei è troppo intelligente.

Giulia Viggiani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *