Ristorazione e bar, in Basilicata nel 2016 ancora calo dei consumi. Confcommercio: “Ma il comparto continua ad essere vitale per l’economia locale”

Nel corso del 2016 è proseguito in Basilicata, secondo le stime dell’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, il calo dei consumi alimentari domestici (-8,6%) e, sia pure minore,  di quelli fuori casa (-4,1%). Una situazione che si rispecchia nella cessazione di 149 attività rispetto al 2015. Ma – evidenzia Confcommercio Imprese Italia Potenza – il comparto continua ad essere vitale e fondamentale per l’economia locale con 2.636 imprese (di cui 1.236 ristoranti ed attività di ristorazione mobile) a cui aggiungere 30 mense e servizi catering. Anche per i bar si registra un decremento di 47 unità con un totale di 1369 esercizi complessivi. Quanto alle caratteristiche imprenditoriali sia per le attività di ristorazione che per i bar le ditte individuali sono la grande SIRIOBAR-1maggioranza (rispettivamente il 66,9% e il 71,5%) seguite da società di persone (19,7% e 17,8%). Il Rapporto Fipe inoltre contribuisce a delineare l’identikit degli avventori dei pubblici esercizi in Italia. Nel 2016, 39 milioni di italiani hanno consumato pasti fuori casa, così divisi: · 13 milioni di heavy consumer, coloro che consumano 4-5 pasti fuori casa a settimana. Per lo più uomini (53,9%) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (23,7%) e residenti al Nord Ovest (29,5%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (36,8%); · 9 milioni di average consumer, quelli che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa a settimana. In prevalenza uomini (51,7%), residenti in Centro Italia (29,1%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (37,9%); · 17 milioni di low consumer, che consumano pasti fuori casa 2-3 volte al mese. Sono in prevalenza donne (54,8%), di età superiore ai 64 anni, residenti nelle regioni del Nord Italia, in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (40,1%). La giornata degli italiani, dalla colazione alla cena Il Rapporto Fipe passa in analisi la ripartizione dei consumi fuori casa durante l’arco della giornata. Dall’indagine emerge che più di sei italiani su dieci consumano, con diversa intensità, la colazione fuori casa: cinque milioni di italiani consumano fuori casa la colazione almeno 3 o 4 volte alla settimana, per quattro milioni si tratta invece di un rito quotidiano. Il locale per eccellenza dove gli italiani consumano la colazione è il bar/caffè, senza alcuna distinzione di genere, età o area geografica. Il bar/pasticceria è secondo in classifica per preferenza, preferito soprattutto dalle donne (65% contro il 57% degli uomini), e nel Nord Est (64%). Le alternative restano esigue, come i distributori automatici, scelti dal 17% dei consumatori. A colazione gli italiani spendono in media 2-3 euro; solo l’1,5% spende meno di un euro e in questo caso si tratta di heavy consumer. Passando al pranzo, la tipologia di consumo e prezzo relativo dipende in larga misura di giorni della settimana. Al 67% degli italiani, pari a poco meno di 34 milioni, capita di consumare il pranzo fuori casa durante la settimana, e per cinque milioni si tratta di un’occasione abituale (3- 4 volte alla settimana). I tre profili di consumatori si caratterizzano per evidenti differenze: gli “heavy” consumano il pranzo soprattutto al bar, mangiando un panino o un primo piatto, gli “average” e i “low” scelgono sia il bar che il ristorante preferendo la pizza. La spesa durante la settimana si concentra prevalentemente nella fascia 5-10 euro (45,5%). Nel week end luoghi, prodotti e spesa cambiano significativamente: ristoranti/trattorie e pizzerie scalano la classifica, preferiti rispettivamente dal 56,2% e dal 39,5% degli intervistati. La spesa sale nella fascia 10-20 euro con il 42,2% delle risposte. Arrivando a ristorazione-600sera, l’analisi Fipe rileva che il 61,7% degli intervistati ha consumato almeno una cena fuori casa con riferimento ad un mese tipo. Poco meno di due milioni hanno cenato fuori casa almeno tre volte alla settimana, prediligendo soprattutto le osterie e, in seconda scelta le pizzerie. La fascia di prezzo di una cena tipo è tra i 10 e i 20 euro, anche se più di un terzo degli italiani riserva ad una singola cena dai 20 ai 30 euro. Solo un intervistato su cento è disposto a pagare più di 50 euro per consumare l’ultimo pasto del giorno. La disponibilità a pagare degli heavy consumer risulta significativamente differente rispetto ai “low”: i primi pagano in media tra i 20 e i 30 euro, mentre più del 50% dei low consumer si accontenta di una cena compresa nella fascia 10-20 euro. I residenti nel Nord Ovest si dimostrano più propensi a spendere: il 13,2% paga più di 30 euro per una cena tipo, percentuale che nel Sud e nelle Isole è inferiore al 5%. “L’importanza della ristorazione per il turismo lucano – afferma Michele Tropiano, presidente Federalberghi – è dimostrata dall’alto gradimento per i nostri piatti grazie all’impegno dell’Unione Cuochi lucani, alla passione di tanti giovani professionisti. La cucina lucana e mediterranea è la più apprezzata e la più imitata al mondo e per i turisti stranieri è uno dei principali motivi di viaggio, addirittura il primo per ritornarci. Nonostante ciò, spesso non riusciamo a valorizzare adeguatamente le potenzialità che il settore potrebbe esprimere attraverso efficaci azioni di promozione e comunicazione”. “Nella ristorazione una certa aria di ripresa c’ è ma – mette in guardia Tropiano –  non tutto però va a gonfie vele: il settore è caratterizzato da forte densità e competitività imprenditoriale, non sostenute da un tessuto produttivo abbastanza robusto. Questo si traduce in un numero molto elevato di chiusure”. “Come emerge dal rapporto – commenta Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza – esistono due Italie: una che riparte, quella degli ottimisti, nella quale si torna a spendere al ristorante. L’altra è, invece, quella che ancora non ha toccato con mano la ripresa e mi riferisco alle tante famiglie e piccole imprese, soprattutto nel Mezzogiorno, che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito e che adottano ancora comportamenti di consumo orientati alla prudenza e al risparmio. Per noi – continua De Mare – promuovere e supportare concretamente un’integrazione sistemica tra i settori del ricettivo, dell’accoglienza, del trasporto, dell’intermediazione, dell’enogastronomia, della cultura e dell’intrattenimento in genere, è il modo più efficace per valorizzare il nostro patrimonio di risorse e di imprese. Puntando sulla qualità dell’accoglienza, dei luoghi e dei servizi. Il nostro Paese è caratterizzato  da una miriade di differenti “tradizioni alimentari”, in cui il cibo rappresenta un insieme di valori materiali, estetici, culturali e sociali essenziali per il benessere delle persone e dei territori”.

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